Come vivono oggi, rinchiusi in casa, bambini e ragazzi? Come passano il tempo in questa drammatica situazione?
«A casa io gioco alla Nintendo Switch, disegno un arcobaleno, faccio la pizza col papà e preparo la torta con la mamma. A casa io gioco con il mio cane con la pallina», mi raccontano i miei alunni di prima elementare. E le bambine: «Io ballo da sola, bacio il mio gatto, mi annoio perché non vedo le mie amiche. A casa io uso un po’ il cellulare e un po’ anche la Wii e anche il computer, mangio a pranzo e a cena, guardo la tv».
La scuola a distanza può fare forse il 50% del lavoro, ma per l’altra metà la famiglia deve venire incontro ai docenti che in questo periodo stanno facendo di tutto per non interrompere il rapporto affettivo ed educativo con i loro studenti. Per far sentire loro la propria vicinanza. Ma per molte famiglie la scuola non è in cima alla lista delle priorità. Come non lo era prima di questa crisi. Come non lo è mai stato. Insomma, fanno quello che possono. Come i docenti italiani.
«Caro maestro, ho voglia di rivederti, mi manchi, mi mancano i tuoi sorrisi, ieri vi ho visto sul telefono: è stato bellissimo» «Caro maestro come stai? Caro maestro cosa fai mentre la scuola è chiusa? Caro maestro e care maestre mi mancate tanto, spero di rivedervi presto. Cari maestri, vi voglio bene».
Secondo un recente monitoraggio del Ministero dell’Istruzione, il 6% degli studenti italiani non è raggiunto da alcuna forma di didattica online. Oltre mezzo milione di bambini e ragazzi. Molti dei quali di famiglie non italiane, spesso le più povere. A casa senza PC e tablet. O senza accesso a internet.
Certo, si è provveduto (o si provvederà) a distribuire tablet e connessioni WI-FI. Ma questo non basta a garantire a tutti il diritto allo studio. Ma già sappiamo che il finanziamento straordinario di 85 milioni di euro dal Ministero all’Istruzione non basterà.
«A casa io gioco a scala quaranta, a briscola, con le Barbie, faccio un puzzle, faccio i braccialetti, apparecchio, mi travesto, gioco da sola a nascondino».
Ragazzi e bambini sentono grande mancanza della scuola, cioè della loro vita sociale, fondamentale per crescere bene e per crescere la propria autonomia. Mancanza degli amici, degli insegnanti.
La domanda dei bambini che ricorre più spesso: «Maestro, quando finirà tutto questo?»
Una domanda senza risposta. Non sappiamo ancora quando ritorneranno a scuola, ma possiamo già dare loro alcune buone notizie. Una agli studenti: quest’anno saranno tutti promossi. Una ai loro genitori: i vostri figli e le vostre figlie, anche quando diventeranno grandi, non risentiranno di questi ultimi mesi di scuola di questo tribolato anno scolastico, ma probabilmente saranno ancora più forti e maturi.
«Caro maestro, mi manca giocare insieme alle mie amiche. Caro maestro, vi manchiamo? Caro maestro mi è nato un fratellino che si chiama Luca e io sono felice!»
A prescindere dal livello delle tecnologie utilizzate o dei contenuti delle offerte didattiche, il messaggio di fiducia lanciato dai docenti italiani attraverso la didattica a distanza, è arrivato a studenti e famiglie. E ogni cittadino non può che provare sincera gratitudine per loro. Ma se vogliamo essere sinceri fino in fondo, occorre ammettere che la scuola on line, la scuola a distanza, non è scuola, ma solo un surrogato della scuola in un periodo di grande emergenza. Perché senza partecipazione, senza dimensione di gruppo, – una dimensione piena, vera, reale, live, – la scuola non è più scuola, ma un’altra cosa che, in questo momento, si spaccia per scuola.
E che, in mancanza di qualcosa di meglio, tutti accettiamo come fosse la scuola vera. Perché non possiamo fare altro.
Lo stesso si può dire per la vita di tutti, certo, ma soprattutto per quella dei più piccoli: sopravvivono, certo, come tutti noi, ma in una condizione di cattività.