In queste settimane abbiamo studiato i Fenici. Mi dite con parole vostre tutto quello che ricordate?
“I Fenici sono un popolo antico molto intelligente perché ha fatto un sacco di invenzioni che prima non c’erano e dopo loro, i Fenici , le hanno inventate. Per esempio nel fare le barche. Loro erano dei bravissimi costruttori di navi, di barche”.
“E’ vero. Perché facevano le navi mercantili per le merci, come il treno merci, che erano corte e panciute per farci stare più roba. Poi c’erano le navi da guerra che erano più agili, più veloci”.
“Le navi dei Fenici erano veloci anche perché avevano due schiere di remi e anche le vele”.
“Perché nei combattimenti in mare bisogna essere veloci”.
“Poi loro si sapevano orientare benissimo con il sole di giorno e con le stelle di notte. Perché vedevano sempre la stella polare e avevano capito che la stella polare, cioè la stella che di notte brilla di più, se non c’è la nebbia o troppo buio, segnava il nord”.
“Un’altra invenzione dei Fenici sono le lettere dell’alfabeto. Loro hanno inventato l’alfabeto fonico, cioè dei suoni. Che poi è come il nostro alfabeto. Anche l’italiano è un alfabeto di suoni come le vocali e le consonanti. Dopo si mettono insieme e si costruiscono le parole. Le parole sono come delle case”.
“Oppure dei treni, e le sillabe sono i vagoni”.
“Perché prima è vero, c’era già stato l’alfabeto, per esempio quello dei Sumeri o quello bellissimo dei geroglifici egiziani. Ma i geroglifici non erano dei suoni, erano come dei disegni”.
“Loro lo hanno inventato, questo alfabeto, perché i Fenici avevano fretta. Perché loro erano dei commercianti e dovevano ricordarsi tutte le cose che vendevano, che trasportavano, che compravano, ma poi dovevano subito mettersi in viaggio per trasportare le cose e metterle in vendita al mercato e insomma, non potevano perdere troppo tempo a disegnarle tutte e allora hanno inventato questo alfabeto che era più spiccio di quello egiziano, più veloce da scrivere e da leggere”.
“Io ho visto della scrittura che avevano fatto i fenici, sul nostro libro. Io ho visto che scrivevano in modo molto preciso, molto ordinato. Erano bravi”.
Perché non erano un popolo di agricoltori?
“Perché… Perché non gli piaceva coltivare la terra, forse”.
“Io penso che loro…. Non lo so”.
“Io lo so: perché loro avevano poca terra da coltivare, il loro territorio era nella terra di Caan, vicino alla costa, di lato, dove un tempo viveva Gesù. Allora… Allora lungo le montagne c’erano molti boschi perché delle volte ci sono anche dei boschi, poi, sulle montagne. Non ci sono i prati ma ci sono gli alberi. Allora… Allora con il legno degli alberi hanno costruito moltissime navi e sono diventati i più grandi navigatori dell’umanità. Anzi, no, dell’antichità”.
“Avevano i boschi di cedro che è un albero con un tronco molto adatto a fare le navi, molto leggero, secondo me, che sta bene a galla”.
“Sì, con il legno degli alberi facevano il legname e con il legname facevano le navi”.
“Poi erano anche artigiani molto bravi. Soprattutto a colorare le stoffe. Loro però non usavano i coloranti, ma la porpora. La porpora è un animaletto arancione che quando muore ha un sangue che secondo me è arancione e allora loro, col sangue di questi animaletti, coloravano di porpora tutte le stoffe che loro commerciavano e le vendevano e tutti volevano le stoffe porpora perché sono stati i Fenici a inventare questo colore, prima di loro nessuno aveva inventato questo colore, c’erano solo i soliti colori, anche nei vestiti delle stoffe”.
Cosa erano le colonie?
“I Fenici avevano le colonie perché erano dei grandi viaggiatori e facevano dei viaggi anche molto lunghi tipo mille o duemila chilometri sempre in mare. Ma a starci sempre per tre o quattro mesi poteva anche venirti il mal di mare e allora si fermavano, ogni tanto. E il punto dove si fermavano, sulla terra, sulla costa, si chiamava colonia”.
“Non c’erano mica solo una o due colonie, ma ce ne erano molte”.
“Anche Palermo era una colonia dei Fenici”.
“Anche Cagliari, in Sardegna”.
“Le colonie erano come delle tappe per arrivare alla fine del viaggio e insomma, ti potevi riposare. Poi andavi ancora fino alla fine del viaggio”.
(il Manifesto – 5 Luglio 2018)