1.
C’era una volta un cane.
Era un cane di mondo. Sapeva camminare su due zampe e parlava sei lingue. Si faceva il bagno una volta alla settimana e una volta al mese si faceva radere il pelo. Giocava a nascondino e quando era piccolo i suoi genitori gli avevano tagliato la coda perché a quel tempo era di moda così. Navigava su internet e aveva una sua pagina Facebook. Sapeva guidare l’auto e aveva un’assicurazione sulla vita. Aveva una bella casa e una buona famiglia.
2.
Ogni giorno saliva sull’autobus e si chiedeva: “Ma su questo autobus quanti cani ci sono?”.
Non sopportava che il suo paese fosse invaso da altri cani come lui.
Si sentiva più cane degli altri cani che vivevano intorno a lui.
E forse era vero.
3.
Lavorava in banca.
Ogni giorno c’erano cani che venivano a chiedergli in prestito un osso da leccare: lo leccavano per tre o quattro mesi, poi ne riportavano due alla banca.
“Sono tutti figli di un cane”, ripeteva sempre il cane capoufficio.
“Siamo tutti figli di un cane”, rideva il cane che si sentiva più cane degli altri.
“Sono affamati come cani”, diceva il cane capoufficio. “È normale che facciano una vita da cani”.
4.
A metà pomeriggio il cane che si sentiva più cane degli altri guardava l’orologio che aveva al polso e diceva: “Per oggi non ne posso più di tutti questi cani”.
Poi usciva dalla banca, saliva sull’autobus, tornava a casa e navigava su internet. Aveva una sua pagina Facebook su cui scriveva ogni giorno alcuni post. Quel sabato pomeriggio scrisse:
“Il cane è l’avvenire del cane!”;
“Quattro cani vedono meglio di due? Siamo sicuri?”;
“Non abbiamo il coraggio di mettere più cane al fuoco? Peccato!”;
“Se continuiamo così noi cani andremo tutti verso la rovina”.
5.
Dopo cena andò a fare una passeggiata in città con sua moglie. Camminava e si guardava attorno. Non erano sulla luna né in aperta campagna, perciò ovunque guardava vedeva dei cani: sulle strade, nei negozi, nei bar, al luna-park.
“Devo far finta di non vedere tutti questi cani o mi arrabbio”, disse il cane che si sentiva più cane degli altri.
Sua moglie non disse niente.
“Ma che razza di cani ci sono in giro?”, disse il cane che si sentiva più cane degli altri.
Sua moglie non disse niente.
“Ormai ci sono troppi cani in questa città”, disse il cane che si sentiva più cane degli altri.
Sua moglie non disse niente.
“Non tutti i cani sono uguali”, disse il cane che si sentiva più cane degli altri.
Sua moglie non disse niente.
“Ci sono cani e cani”, disse il cane che si sentiva più cane degli altri.
“Siamo tutti figli di un cane”, disse la moglie.
“Certo, ma non dello stesso cane”, disse il cane che si sentiva più cane degli altri.
Continuarono a camminare in silenzio ancora un po’, poi rientrarono a casa.
6.
Quella notte il cane che non si sentiva come gli altri cani sognò di essere un cane lupo che sgominava una banda di cani bassotto che volevano derubare una banca.
7.
Il giorno dopo era domenica. Il cane che si sentiva più cane degli altri si svegliò di buonumore e andò a un’edicola a comprare il Giornale dei Cani.
Cominciò a leggere i titoli.
Il primo articolo che lesse si intitolava: “Meglio un cane vivo oggi che due cane morti domani”.
Il secondo: “Bisogna ridare ai cani quello che è dei cani”.
Il terzo: “Basta coi cani!”.
Il quarto: “Siamo stanchi di esser trattati da cani da altri cani!”.
Poi gettò il giornale in un cassonetto della spazzatura e tornò verso casa.
8.
Nel primo pomeriggio il cane che non si sentiva un cane come gli altri salì sulla sua bicicletta e partì verso il lago.
“A quest’ora per strada non si vede un cane”, pensò soddisfatto.
C’era vento, ma era una bella giornata di sole. Si era portato con sé la canna da pesca, ma quando arrivò non aveva voglia di pescare.
Si avvicinò ugualmente alla riva del lago. Vide la sua immagine riflessa sull’acqua.
“Specchio, specchio delle mie brame, chi è il cane più bello del reame?”.
“Sei tu”, rispose l’acqua del lago.
E il cane che si sentiva più cane degli altri pensò: “Sono bello come un cane”.
Poi gettò un sasso nell’acqua e vide la sua immagine dissolversi.
“Spesso, specchio delle mie brame, chi è il cane della situazione?”.
“Sei tu”, rispose l’acqua del lago.
E il cane che si sentiva più cane degli altri pensò: “Sono il cane della situazione”.
Gettò nel lago un altro sasso.
“Specchio, specchio delle mie brame, chi è il cane più vero del reame?”.
“Sei tu”, rispose l’acqua del lago.
E il cane che si sentiva più cane degli altri pensò: “Io sì che sono un vero cane”.
Sua moglie intanto era rimasta sola a casa.
Dopo aver lavato la biancheria, stava cucinando.
Pensava: “Ho amato un cane più della mia vita”.
9.
Su un palco in mezzo alla piazza principale della città c’era un cane che parlava a una folla di cani come lui.
Anche il cane che non si sentiva un cane come gli altri si fermò ad ascoltare quel cane che parlava.
“Bisogna pensare al cane del futuro”, disse.
“Un cane non vive di solo pane”, disse.
“Anche il cane vuole la sua parte”, disse.
“Noi oggi dobbiamo reinventare il cane”, disse.
Poi il cane che parlava non disse più niente e scese dal palco, così anche i cani che lo ascoltavano e lo applaudivano se ne andarono via.
10.
Il cane che si sentiva più cane degli altri tornò a casa e disse alla moglie: “Il tempo sta cambiando, dobbiamo andarcene da questa città”.
“Perché?”, chiese sua moglie.
“Ho sentito dire che per noi cani stanno arrivando tempi da cani”, disse il cane che si sentiva più cane degli altri.
“Non sta cambiando un bel niente”, disse sua moglie. “Mettiti il cane in pace e va’ a guardare la tv, per piacere”.
11.
Il cane che si sentiva più cane degli altri ubbidì: se ne andò a guardare la tv.
Sul primo canale c’era un cane che diceva: “Comperate un cane di marmo per i vostri cuccioli”.
Sul secondo canale c’era un cane di pezza che diceva: “Ormai il cane volge alla fine”.
Sul terzo canale c’era un cane filosofo che diceva:“Non siamo abbastanza cani per capire certi cani”.
Sul quarto canale c’era un film che si intitolava: “I cani non avranno mai fine”.
A metà film il cane che non si sentiva cane come gli altri decise di spegnere la tv e andare in camera sua a dormire.
12.
Quella notte il cane che non si sentiva cane come gli altri sognò sua moglie che lo guardava in cagnesco senza parlargli.
13.
Al mattino, quando si svegliò, raggiunse sua moglie in cucina.
“Da qualche giorno mi sento come un cane bastonato”, disse.
“Forse non sei abbastanza cane con te stesso”, disse sua moglie.
“Smettiamola di parlarci come cani”, disse il cane che si sentiva più cane degli altri.
“Come vuoi tu. Cosa vuoi per colazione?”, chiese sua moglie.
“Cane in scatola”, disse il cane che si sentiva più cane degli altri.
Fecero colazione con latte, biscotti e cane in scatola, poi andarono a fare un’altra passeggiata in città.
14.
A ogni passo il cane che si sentiva più cane degli altri si lamentava.
“Ma da dove vengono tutti questi cani?”.
Sua moglie non disse niente.
“Ogni cane dovrebbe vivere a casa sua”.
Sua moglie non disse niente.
“Non c’è abbastanza lavoro per tutti questi cani”.
Sua moglie non disse niente.
“Bisognerebbe farla finita una volta per tutte con tutti questi cani”.
“Vuoi che me ne vada?”, chiese sua moglie.
“No, non parlavo di te. Ma degli altri”, spiegò il cane.
“Cos’hanno gli altri che non sopporti?”, chiese la moglie.
Il cane che si sentiva più cane degli altri ci pensò su un po’ e poi rispose: “Sono poveri, vengono da lontano e sono tanti, sono troppi. E noi due invece siamo soli”.
“Soli come cani”, disse sua moglie.
15.
Rientrarono in casa. Poco dopo cominciò a nevicare. Il cane che non si sentiva un cane come gli altri accese la tv: guardarono prima un programma di cani guida per non vendenti, poi tanti film di cani poliziotto.
16.
Prima di cena il cane che non si sentiva un cane come gli altri scrisse sulla sua pagina Facebook:
“Bisogna riscoprire il cane eterno!”;
“Troppi cani fanno male ai cani”;
“Ogni cane ha il cane che si merita”;
“Cani di tutto il modo, uniamoci!”.
17.
“Smettila di trattarmi come un cane”, disse sua moglie durante la cena.
“Osa ripeterlo se sei un cane”, disse il cane che non si sentiva come gli altri.
“Cosa?”.
“Che io ti tratto come un cane”.
Sua moglie disse: “È la verità”.
“Non ci credo”.
“Giuro. Mi sento il cane di me stesso”.
“Cosa vuoi dire?”.
“Non lo so”, disse sua moglie.
Poi se ne andò a letto senza finire di mangiare.
18.
Il cane che si sentiva più cane degli altri si affacciò alla finestra.
La luna brillava nel cielo.
Uscì di casa con la coda tra le gambe.
“Fa un freddo cane”, pensò.
Guardò le sue impronte sulla neve.
“Di notte tutti i cani sono neri”, pensò
19.
Rientrò in casa con le orecchie intirizzite e la coda tra le gambe. Andò a sdraiarsi sotto le coperte. Sua moglie si svegliò.
“Come era quella favola del cane con gli stivali?”, gli chiese.
“Non era un cane, era un gatto”, rispose il cane che si sentiva più cane degli altri.
“Ah, è vero!”, esclamò sua moglie. E poi aggiunse: “Non ci sono più i cani di una volta”.
“Hai ragione”, disse il cane che si sentiva più cane degli altri.
E poi si addormentò abbracciato a lei.
20.
Sognò un mondo esattamente uguale a quello in cui viveva lui. Ma non c’era più un solo cane. Non c’era più neppure lui.