Mi raccontate con parole vostre cosa abbiamo imparato oggi dalle pagine che abbiamo letto?
«Quello sull’India? Sui bambini in India?» «Abbiamo imparato che l’India non è quella degli Indiani e dei Cowboy, perché quelli sono altri indiani, sono pellerossa, quelli che vivono nelle tende. Invece questi indiani vengono da un paese che si chiama proprio India». «Che loro, c’era scritto, devono andare a scuola a cinque anni, non a sei. E la loro scuola finisce a dieci anni». «Per i bambini piccoli. Ma se poi vogliono, possono continuare a studiare». «I più piccoli studiano all’aperto, sotto un albero o nei prati. Questo perché in India non capita che piove spesso o viene a nevicare. Noi non potremmo stare sempre fuori». «Io ho visto alla TV un programma dove c’erano dei bambini africani che studiavano all’aperto, seduti sul prato, all’ombra, sotto l’ombra di un albero grandissimo». «A me piacerebbe molto studiare sempre all’aperto anche noi, però non si può, c’è troppo freddo in Inverno, poi non ci sarebbero i banchi e le sedie». «A me piace fare il picnic, all’aperto, ma solo se non c’è freddo e c’è una bella stagione di sole caldo, cioè in Primavera o sarebbe meglio, anzi, sarebbe meglio in Estate, ma in Estate le scuole sono chiuse». «Per fortuna! Io non ne posso più di venire tutti i giorni a scuola per otto ore al giorno come mio padre che lavora otto ore al giorno. Io preferirei andarci solo quattro ore al giorno come mia cugina». «Però loro vanno a scuola anche al sabato e noi no». «Anche io andrei a scuola anche al sabato, se le ore di scuola erano quattro ore al giorno, solo quattro». «Io ho visto sul planisfero la carta dell’India è so dove è. In mezzo al mare. Un mare lontano dall’Italia. L’India sembra un triangolo». «In India i più piccoli, i bambini più piccoli, studiano all’aperto, ma i più grandi vanno nelle aule come noi». «Vi ricordate quella volta che in Prima siamo andati a fare la lezione anche noi nei tavoli del prato? In cortile?» «Sì. Ma è stata solo una volta». «A me piacerebbe vivere in India perché la scuola, penso, mi piacerebbe di più che la scuola che c’è qui in Italia. Fuori dalla scuola tutto è più bello. Si possono fare più amici. Ci sono più cose da vedere. Anche gli animali, sarebbe tutto più interessante». «Invece io no, io preferisco studiare dentro la scuola e giocare fuori dalla scuola, così è più bello giocare».
Vi ricordate cosa studiano? E quali sono i loro giochi preferiti?
«Ah, sì! Loro, i bambini indiani sono molto bravi a fare rotolare dei cerchi colorati come quelli che abbiamo noi in palestra». «Ma i loro non sono come i nostri cerchi di plastica. Ma sono i resti delle automobili o delle biciclette vecchie. Sono… Sono dei cerchi di ferro». «Anche mio bisnonno ha detto che da piccolo faceva quel gioco con i cerchi… Lo faceva rotolare come una ruota e lo teneva in equilibrio con un bastone, mentre il cerchio correva. Poi vinceva chi andava più avanti col suo cerchio. Era come una gara». «A scuola imparano la loro lingua. Perciò invece dell’italiano, studiano l’indiano, la lingua indiana. Però imparano un’altra lingua oltre all’indiano, come noi con l’italiano che studiamo anche l’inglese. «Io mi ricordo che nel libro c’era scritto che il gioco che piace di più agli indiani è l’aquilone. Anche io ne ho uno. Lo avevamo comperato io e mio padre una volta che eravamo andati al mare. Lo abbiamo anche fatto volare sei o sette volte. Era bellissimo. Però tornati dal mare non ho più giocato con l’aquilone. Perché qui a casa nostra c’è poco vento e invece per giocare con gli aquiloni ce ne vuole molto, di vento». «C’è anche una festa, in India: la Festa degli Aquiloni. Anzi, la Festa dei Venti, che poi, però, si può chiamare anche degli aquiloni perché tutti i bambini e i ragazzi fanno volare un aquilone. Però loro non li hanno comperati. Quasi tutti se lo sono costruito da soli. Anche per me, se voglio, ci riesco a costruirli. Basta avere due legni, uno corto e uno lungo, poi un telo leggero».
(il Manifesto – 11 Agosto 2022)