Il bravo segretario della CGIL scuola di Reggio Emilia Silvano Saccani, in una recente intervista sulla Gazzetta, fa una lucidissima fotografia, – oggettiva, onesta, – della situazione della nostra scuola all’inizio di un nuovo anno scolastico.
Parla della mancanza dei bel 800 docenti, quindi dell’ennesimo inizio a singhiozzo. Parla delle pochissime risorse, nessuna per l’organico Covid. Del permanere delle classi pollaio: dopo due anni e mezzo siamo ancora fermi ai banchi a un metro di distanza e mascherina: risparmio garantito di fondi e personale. Della vaga speranza nel vaccino anche tra i minori. Del fatto che più di auguri, per il prossimo anno, servano risorse. Unica novità, di facciata, il green pass per il personale scolastico, anche se chi lo verificherà si scoprirà pian piano – e i dirigenti scolastici, a proposito, sono già sul piede di guerra. Qualcosa di nuovo rispetto al problema trasporto casa-scuola e ritorno? Non pare.
Dopo il fallimento della Didattica a Distanza, tutti auspicano poi che l’attività scolastica sia solo in presenza, ma si scopre che la misura è derogabile; non nella nostra provincia, sempre all’avanguardia sulla scuola, con Ilenia Malavasi che garantisce scuola in presenza al 100% rispondendo ai preoccupati presidenti dei consigli di Istituto delle scuole reggiane, cioè i rappresentanti di alunni e studenti.. Fortunati noi. In altre zone d’Italia non si arriva al 60%.
Ancora: sono stanziate dal governo alcune briciole di euro per l’avvio dell’anno scolastico 2021-22 in sicurezza? Sì, ma l’Italia, anche in tempi di pandemia, resta saldamente quanto vergognosamente tra i Paesi europei che investe meno sulla formazione.
Dalle parole dell’amico Silvano Saccani traspare una velata tristezza, certo frutto di consapevolezza e di tanta esperienza. Perché rispetto allo scorso anno, in termini di fondi e personale, si riesce a peggiorare ancora. Insomma, parlando di scuola si è sempre fermi al vecchio «Io speriamo che me la cavo».
Nelle parole di Silvano risuona quasi un filo di rassegnazione – certamente condivisibili anche dal sottoscritto e da tanti che hanno a che fare col mondo della scuola, dai docenti alle famiglie degli studenti.
Ecco, la domanda che pongo ai sindacati della scuola, allora, è molto semplice: se le cose, come accadranno anche quest’anno, saranno queste… – con tate lacune, problemi non risolti, peggioramenti, – cosa consigliano di fare, loro, i sindacati, agli iscritti e ai simpatizzanti che rappresentano? Voglio dire: quale è, oggi, il ruolo del sindacato? Accettare ciò che arriva da Roma? Magari con il ritornello di non lamentarsi perché poteva andare anche peggio?
Possibile che tra una adesione alla causa di alcuni lavoratori sfruttati del terzo o l mondo o la sacrosanta lotta alla mafia e una cupa e triste rassegnazione a proposito del mercato del lavoro in Italia, non ci sia nulla? Nessun filo comune? Domande retoriche, ma credo abbiano a che fare con la natura stessa del sindacato. Se nei prossimi anni non saprà inventarsi nuovi strumenti di non rassegnazione, ne andrà della sua stessa sopravvivenza. Per esempio: spesso, almeno dal punto di vista mediatico, della situazione scuola, è sembrato che si siano lamentati e abbiamo alzato la testa – in modo anche scomposto, inutile, ma anche dignitoso – alcuni presidi, rappresentanti di Istituti, famiglie o singoli genitori. E i sindacati scuola? Dopo l’abolizione dello sciopero – praticamente, a scuola, nei fatti è accaduto questo, – hanno qualche idea per essere un po’ più reattivi e incisivi? Esercizi anche di semplice e inutile dignità, – tipo quelli contro il popolo afgano o la mafia o la fame nel mondo o i femminicidi, – da consigliare, sulla scuola pubblica, ai loro iscritti e simpatizzanti? O al sindacato, anche quello della scuola, piace solo (vincere?) o giocare facile?
Articolo pubblicato sulla di Domenica, 29 Agosto 2021