Mi ripetete quello che abbiamo studiato sull’analisi grammaticale del nome? partendo dall’inzio, però … Dicendomi cosa è un nome …
«Il nome è una parola». «I nomi propri e comuni vuol dire che i nomi propri si scrivono con la lettera maiuscola perché quello è proprio un nome suo, non di un altro bambino. Invece se tu dici Giovanni o Teresa sono nomi con lettera maiuscola, Anche se in una classe ci sono due che si chiamano con lo stesso nome proprio». «Come i nomi propri di un lago o di una città. Il monte Bianco. Non tutti si chiamano così». «Anche la Ferrari è una macchina da corsa». «Anche Fuffi è un nome da cane o da gatto. Comunque da animale. Perché tu se hai un gatto non lo chiami solo gatto, ma gli dai un nome al tuo gatto».
Bene, adesso spiegatemi bene questa cosa che abbiamo studiato del maschile e del femminile. Ma ancora prima, del plurale e del singolare.
«È facile, perché singolare vuol dire che è single, come uno che non si sposa, non è fidanzato, abita da solo. Invece plurale si sposa, sono in due, i figli, o può invitare a casa sia degli amici». «Plurale vuol dire che ci sono più cose, per esempio più matite, più gonne». «Due o più di due». «Però questo lo dovevamo dire prima». «Cosa?» «Che ci sono nomi di persona, di animale o di cosa». «Per me singolare vuol dire che è uno, invece plurale vuol dire che sono tanti Posso fare un esempio? Una mucca. Se nel prato c’è solo lei, c’è solo una mucca. Se invece ce ne sono due, sono già due mucche. O ce ne possono essere tre, quattro dieci, dodici… Tutti i numeri che ci sono sono». «Mucca è una sola. Invece mucche sai già che non è una sola. Però non sai quante. Per me doveva esserci un modo per dire quante erano. Forse dovevano inventare una parola se erano dieci. O cento. O tre. Così si capiva meglio. Perché il singolare è facile da capire, perché è uno solo. Invece il plurale è più difficile, non sai mai quante mucche ci sono, quante cose, quante persone…»
Vabbè, veniamo al maschile e al femminile …
«È facile, perché un ragazzo è maschile, una ragazza invece è femminile». «Oppure un uomo o una donna. uno è il maschio, l’altro la femmina». «Si capisce che nome è dall’ultima lettera, se è una a. è una femmina. Se invece è una o o una i, allora è un maschio». «La cosa difficile…. Gli animali e le persone non sono difficili per il maschile e il femminile perché basta guardarli e lo capisci. Per esempio, gatta è una femmina e gatto un maschio. Oppure bambina è una femmina e bambino è un maschio. O anche il nome proprio è facile: se è Mattia è un maschio, si capisce. Invece Elisa è una femmina, tanto per fare un esempio. Perché ci sono nomi da maschi ma da femmina. Invece il più difficile sono i nomi di oggetto». «Infatti». «Infatti, perché puoi non capire bene se una colla è una femmina o un maschio, ma si capisce». «Perché devi vedere come finisce: se finisce con la a, come colla che finisce con la a, allora è femminile. Altrimenti è maschile».
«Si, ma Mattia allora doveva essere un nome da femmina, invece è da maschio anche se finisce con la a». «Perché bisogna guardare gli articoli. Il maestro lo aveva detto. La maestra. il maestro. E’ diverso». «Sì, perché non bisogna guardare solo come finisce una parola, un nome. Non si può guardare solo quello, ma si deve guardare anche l’articolo, cioè la parolina che ci sta davanti». «Lo zio è maschile». «Mamma è femminile. La mamma». «Anche gomma è una femmina, la gomma». G»Gomme invece sono tante gomme, ma sono sempre femminile. Plurale e femminile». «Anche ragazze, allora». «Invece maestro è solo uno».
E nome primitivo o derivato cosa vuol dire?
«Facile! Derivato vuol dire che hai una parola come panificio e quella parola, cioè panificio, deriva da un’altra parola, per esempio pane, perché al panificio poi vendono il pane… Però si può chiamare anche formo, per me». «Pizzeria è derivato da pizza. Allora pizza è quello primitivo». «Primitivo vuol dire che lui, quel nome, non deriva da nessuno, ma è nato per prima lui, poi tutti i suoi figli. Carta, per esempio, è primitivo. Poi c’è cartaccia o cartone o cartoleria che sono come dei suoi figli, infatti si chiamano derivati».
(il Manifesto – 22 Aprile 2021)