Possibile che fino a un anno fa, come adulti, dicessimo ai nostri figli e ai nostri studenti di non stare troppe ore incollati a schermi di computer, tablet e smartphone e improvvisamente si parli con leggerezza di scuola o line come sostituto naturale della scuola in presenza? Ammettiamolo: si parla tanto di crisi sanitaria, mai di crisi educativa e sanitaria insieme. Si dice che vanno protette le categorie a rischio: gli anziani, certo, ma non si parla mai di bambini e i ragazzi. Soprattutto se arriva la scuola a distanza, cioè la scuola senza andare a scuola, la non scuola online. Il trasporto e l’economia vengono prima di tutto, in nome della sicurezza: anche dell’educazione, la scuola, i bambini, i ragazzi, dopo. Da anni sono la nostra Cenerentola. Improvvisamente, nessuno ricorda più che un’esposizione di troppe ore al computer influisce negativamente sullo stato emotivo e mentale dei ragazzi, crea danni nella crescita e nello sviluppo. Provoca ansia, ipertensione, inadeguatezza, solitudine, insonnia, occhi rossi, mal di schiena per la postura seduta prolungata di fronte al monitor, stress, nodo alla gola, senso di oppressione, calo della vista. Un recente studio australiano sulla forte digitalizzazione scolastica imposta dalla pandemia, mostra dati inconfutabili sulla crescita di distrazione che essa rappresenta, aumenti i disturbi nell’apprendimento e diminuisca drasticamente la capacità di concentrarsi su compiti: gli studenti adolescenti, per esempio, ricorrono troppo spesso agli assistenti digitali di Apple e Android per trovare risposte su Google. Gli studenti svantaggiati, anche se connessi, disabili o comunque in difficoltà, li penalizza inevitabilmente. Ma il tempo eccessivo davanti allo schermo causa in tutti disturbi nel sonno, maggior ansia, irritabilità, depressione. E l’ insorgere di problemi emotivi, nel comportamento sociale con gli altri: coetanei e adulti. Provoca inoltre una inevitabile forte riduzione dell’empatia. Sono dati preoccupanti, riscontrati anche da medici e pedagogisti. Daniele Novara, nel suo ultimo libro “I bambini sono sempre gli ultimi”: « Con la DaD la loro salute mentale rischia una grave deriva depressiva. Il rischio: condannare un’intera generazione. In risposta alle limitazioni, i più piccoli sono molto arrabbiati perché non possono correre, giocare, studiare, stare con i coetanei. Con la DaD perdono il contatto con la realtà e, giustamente, lo reclamano». E noi adulti non li ascoltiamo. Bambini e ragazzi non sono più considerati risorsa, ma un peso – dichiara Novara -, un pacco che non si sa dove mettere. E aggiunge: «Alle spalle ci sono vent’anni di dimenticanze: non dal punto di vista materiale. Anzi, sotto quest’aspetto, i bambini, oggi, sono iper-accuditi per via di un indiscutibilmente interesse commerciale verso di loro. Ma è cambiato il desiderio sociale dei bambini, la loro cura collettiva. La vivacità, per esempio, non è più interpretata come creatività o bisogno di movimento». Novara conclude: «Anche la scuola, oggi, è considerata un peso. È il settore che ha avuto il più grande tagli di risorse. I bambini e i ragazzi per gli adulti sono diventati soprattutto un problema. Nessuno difende i loro reali bisogni: movimento, socialità e natura. E aumenta vertiginosamente il numero delle certificazioni neuro-psichiatriche infantili». Che adulti diventeranno i bambini e i ragazzi della scuola Covid?
Articolo pubblicato sulla il 32 Novembre 2020