Mi raccontate con parole vostre la lettura che abbiamo appena fatto?
«È del nostro libro di lettura. Si intitolava Il profumo di papà. ma non il profumo nei boccetti, parlava di un altro profumo, io ho capito». «Lui si chiamava Salvatore». «Chi?» «Il papà». «Ah, sì»! Salvatore. Lui inizia il racconto che lui ha sparecchiatola tavola e dopo ha messo i piatti e le posate e i piatti e tutto il resto nel lavello della cucina». «N. non sapeva cosa era il bavero!» «Il lavello è il lavandino, lo so!» «No, non è vero che il papà si chiama Salvatore. È il bambino che si chiama Salvatore. È il figlio. È lui che sparecchia la tavola». «E il papà dove è come si chiama?» «Ma allora voi non siete stati attenti! Il papà di Salvatore non è in casa perché lui va sempre a lavorare molto presto alla mattina e allora la tazza, il cucchiaio, la colazione, insomma, lui non c’è quando il figlio fa colazione prima di andare a scuola». «Salvatore allora è il nome del figlio, non del papà». «E io cosa ho detto?»
Mi spiegate perché suo papà non è in casa?
«Perché lui fa il muratore. Quelli che costruiscono le case. Quelli che vanno sulle scale, sull’asse. In equilibrio». «Poi fanno anche i tetti». «Alla fine». «Non è in casa perché deve andare presto a lavorare, prima che viene a piovere». «Chi porta a scuola il bambino?» «Io so cosa è il cantiere: dove costruiscono ile case nuove». «Dopo che finisce il lavoro, il padre torna a casa e Salvatore lo va a d abbracciare e allora si accorge che è profumato». «ma non è come un profumo, lui profuma di calce». «È come una sabbia, la calce. Serve per fare la miscela dei mattoni. Lei è molle e dopo è dura. È come una pasta dura, prima molle poi dura». «La calce tiene ferma i mattoni, altrimenti le case cadrebbero tutte e anche i tetti». «È come una polverina marrone: anche io l’ho vista. ha un profumo che sa un po’ di sabbia e un po’ di muro». «È quello il profumo di papà».
Il papà di Salvatore non ha un lavoro fisso, si dice. Cosa vuol dire? Lo sapete?
«Io sì! Cioè, no». «A me sembra che lui non sa bene che lavoro fare, è indeciso, allora non ha un lavoro solo, ma ne ha tanti. Lui ogni mattina e fa il lavoro che gli piace di più.» «Ma lui non è muratore?» «Ma i muratori non fanno mica solo le case, veh?» «Per me vuol dire che lui lavora senza mascherina perché non ha paura». «Lui voleva fare un lavoro, da bambino. Ma dopo, da grande, non poteva fare quel lavoro, per esempio il presentatore tv o l’astronauta, allora fa il muratore e questo lavoro: non è il suo lavoro che voleva fare lui veramente, ma un altro». «Un lavoro fosso, per me, è come quello di mio padre che lavora in banca e lui va in banca tutti i giorni, tutta la vita, lui è fisso li. Invece un lavoro che non è fisso vuol dire che non lavori in banca». «Vuol dire che lui non ha lavoro e fa tutti i lavori che trova da fare per guadagnare dei soldi per mangiare lui e la sua famiglia e pagare l’affitto della casa dove abitano». «Però potrebbe anche fare una casa per lui e la sua famiglia, se è un vero muratore». «Vuol dire non avere un lavoro sicuro, ma un lavoro che un giorno c’è e dopo magari non c’è e nessuno ti paga e tu dà i soldi e tu non sai più come fare per comperare le cose che ti servono per te e la tua famiglia».
«Per me lui è triste perché lui non sa mai che lavoro fa». «io però in questo racconto non ho capito: anche la mamma non ha il lavoro fosso? Che lavoro fa la mamma? Perché non si parla della mamma?» «Forse… Forse è morta». «No, non è morta. Solo che questo è solo un pezzo del racconto e allora la mamma in questo pezzo del racconto non c’è». «Però alla colazione, almeno, poteva esserci». «Forse era al lavoro anche lei. Al lavoro presto come il papà». «E Salvatore si alza sempre da solo? fa la colazione sempre da solo? Va a scuola sempre solo? no, non ci posso credere».
(il Manifesto – 15 Ottobre 2020)