Da più parti, dopo la sconfitta netta, nel PD si auspica un cambio nel gruppo dirigente. In vista del congresso, lo stesso segretario dimissionario Enrico Letta, forse troppo frettolosamente e incautamente, parla addirittura di cambio del nome del partito: come se in questo senso non ci fossero stati abbastanza cambiamenti.
Forse i problemi sono altri. Non si può prendere atto che, dalla fine del PCI a oggi, – nelle infinite e, a tratti, confuse involuzioni degli ex comunisti, fino agli ex comunisti di seconda generazioni, – chi ha invocato il cambiamento, generazionale o non generazionale, ha prodotto gruppi dirigenti e politiche sociali sempre più deludenti e inefficaci.
Lo stesso Ulivo, che è stato una fusione a freddo di DS e Margherita, di laici e cattolici di sinistra, ha dato all’inizio ottimi risultati, ma poi si è via via spento perdendo il suo smalto iniziale e la sua forza propulsiva.
E, ammettiamolo, il PD, spesso e volentieri, ha sempre più abbandonato quelli che stavano peggio, i più poveri, è vero,per avvicinarsi, anche con orgoglio, ai cosiddetti poteri forti: le banche, per esempio. Reggio Emilia non si è mai fatta condizionare dalle dinamiche delle varie tornate elettorali, ma non si può dimenticare che c’è stato un periodo in cui, anche nel PD reggiani, si stava in maggioranza con l’allora segretario Renzi.
I politici locali rivendicano come il PD a Reggio Emilia sia saldamente primo partito con il 32% dei voti e la coalizione di centrosinistra raggiunga il 42% grazie all’eccellente risultato della lista di Sinistra italiana e Verdi e di +Europa. Verissimo. Certo, in una carta geografica del Paese che assume un colore quasi monocromatico, il puntino rosso sul collegio di Reggio è la prova di un argine che ha tenuto. Dove la Meloni non supera il 20%, non ha sfondato. Ma questa idea che nella nostra città il PD sia andata meglio che in altre realtà italiane, non credo possa rincuorare più di tanto gli elettori reggioemiliani del PD o del centrosinistra. Guardare chi sta peggio, fa stare meglio.
La verità è che, se un tempo l’Emilia-Romagna era un’isola rossa, col passare del tempo è diventata rosa, poi rosa pallida, adesso è quasi affondata in un mare blu. Non è più un’isola, ma un atollo. Tutti ora auspicano la nascita di un Nuovo PD e di un nuovo progetto ricostituente capace di riconnetterlo alla società italiana. Magari puntando sui sindaci e i comuni italiani, da essi governati. Come il nostro. La domanda senza risposta è da anni la stessa: perché un partito vincente in comuni, province e regioni, perde nelle politiche per governare l’Italia intera da Roma? Lo stesso Letta, poi inizio campagna elettorale, parlava di mettere i sindaci, in massa, in lista alle politiche. L’errore è stato questo? Forse. Perché ricordiamoci che lo stesso Graziano Delrio, del PD, sindaco per dieci anni di Reggio Emilia, lasciata la Sala del Tricolore e Reggio Emilia per andarsene a Roma, dove è stato onorevole. E ora è stato rieletto senatore. E in tante altre città italiane, anche la nostra, il percorso politico di tanti politici, soprattutto nel PD, è stato proprio questo: da sindaco a onorevole. Ed anche questa volta è stato così: Ilenia Malavasi, sindaco di Correggio, è approdata felicemente in parlamento. Ma questo ora può bastare? Non credo. Un nuovo progetto ricostituente di quello che rimane ancora il secondo partito d’Italia deve certamente puntare anche a un cambio di nomi e di poltrone al vertice, ma anche su una profonda revisione dei propri valori e della propria linea politica. Non è possibile, infatti, che un partito come il PD, nato sulle ceneri di partiti socialisti e comunisti italiani, e legato a doppio filo anche ai cattolici di Sinistra e alla politica sociale della Chiesa, osservi come chi è più svantaggiato dal punto di vista economico e sociale, non si senta più rappresentato da un partito che si chiama PD, né capisca il suo linguaggio, ma da altri partiti e movimenti di destra e centrodestra. Insomma, c’è qualcosa di molto più profondo che non va nel PD e nel centrosinistra. A partire dai valori di fondo e dalla linea politica. Ed è ora di parlarne veramente.