In questi mesi di pandemia sono arrivati bonus e ristori per ogni tipologia di persona e categoria di lavoratori: per le mamme e gli industriali, estetisti e baristi, taxisti e camionisti, negozianti e i proprietari di palestre, lavoratori part-time e pendolari, venditori ambulanti e sportivi, orchestrali e teatranti, miliardari e nullatenenti, industriali e banchieri, usurai e conferenzieri. E chi più ne ha, più ne metta. Ma a nessuno di noi adulti – dico: a nessuno! docenti e politici compresi, figurarsi – è venuto in mente di abolire per un anno le tasse universitarie. Anche da questi particolari si vede quanto ci interessano veramente del futuro dell’Italia, dei nostri studenti, dei nostri figli. Poco o nulla. Intanto arriva un nuovo governo. E già si comincia a riparlare dell’importanza della scuola, dell’università, della ricerca. Del futuro dei nostri figli e dei nostri studenti. Anche se poi, come sempre, niente si avvererà. E’ così da oltre trent’anni. Difficile che questa volta cambi qualcosa. Perché dovrebbe cambiare? Perché capo del governo sarà un professore? E’ già capitato in passato e nulla è cambiato. L’Italia, su investimenti in ricerca e formazione, è da decenni il fanalino di coda d’Europa. In proporzione agli abitanti, spende meno anche di alcuni Paesi in via di sviluppo. E nessuno pare preoccupato. Neppure i più giovani, ormai rassegnati. Sempre più adulti ripetono loro che avranno un futuro più povero e difficile di quello dei nonni o dei genitori, saranno pieni di debiti, creperanno prima di andare in pensione, avranno un ambiente inquinato da ripulire. Insomma, una vera carica di pessimismo cosmico. Probabilmente per disinnescare, in loro, ogni forma di positivo conflitto, di proficua discussione, di illusorio ottimismo o di strisciante speranza. Come dar torto, allora, a bambini e ragazzi che, sempre più numerosi, non hanno più voglia di crescere? Purtroppo per loro, la volontà non basta. Si cresce comunque, al di là delle scuole e degli adulti che si hanno attorno. Ma non è un caso se, chi può, se ne va. No, il nostro non è certo un Paese per giovani.
Articolo pubblicato sul del 7 Febbraio 2021