Quest’anno era inevitabile e largamente annunciato che la festa del 7 Gennaio fosse sottotono. Nonostante il prestigio degli ospiti politici e culturali invitati, i festeggiamenti in presenza o a distanza, non sono certo la stessa cosa. Pandemia a parte, di fronte alla festa del tricolore, da anni, a tanti reggiani, resta comunque un po’ di delusione. Capita ed è capitato anche a me. Anche quando, alcuni anni fa, ho avuto il grande onore di essere invitato dall’amministrazione comunale a tenere una lectio magistrale in sala tricolore su Scuola e Costituzione. La piccola delusione nasce dalla consapevolezza che le celebrazioni del 7 gennaio sono senza dubbio l’evento storico, politico e culturale che incarna nel modo più profondo l’identità della nostra città, in cui è nato il tricolore italiano. Eppure le istituzione cittadine, specie quelle culturali, per il 7 Gennaio fanno sempre fatica a mettersi in rete, come invece riescono a fare con più facilità per la settimana della Fotografia o per Restate. Certo la collocazione della festa tricolore subito dopo l’epifania che tutte le feste porta via, non aiuta. E tanti tentativi per ravvivare questa festa e renderla meno ingessata e istituzionale e più sentita e popolare, sono già stati fatti. Ma forse si può fare di più. Almeno si può provare, sperimentare. Come? Per esempio investendo economicamente in modo maggiore su di essa e accompagnando la celebrazione ad un numero maggiore e più qualificato di eventi collaterali. O associando alla festa un premio nazionale: letterario o non letterario. Se letterario, a un autore dell’editoria per bambini e ragazzi – visto l’attenzione all’infanzia della nostra città. O per adulti, con uno scrittore che possa rappresentare l’eccellenza letteraria dell’anno. Quest’anno, alle celebrazioni, è stato invitato lo scrittore Antonio Scurati: oltre ad aver avuto l’onore di tenere una lectio, forse avrebbe potuto meritare anche un premio letterario nazionale, non solo il primo tricolore d’ufficio? Ancora più interessante potrebbe essere, sul modello del premio Nonino, un premio dedicato a un italiano o un’italiana che, nel corso dell’ultimo anno, abbiano compiuto azioni o opere capaci di onorare il nome dell’Italia nel mondo. Non mancano. Non ho mai capito se il problema è economico, di idee o organizzativo. Di qualsiasi cosa si tratti, se non si investono la maggiora parte dei fondi a disposizione e non si fa un forte sforzo culturale sul brand che da secoli caratterizza di più, in Italia e nel mondo, la nostra città, su cosa altro di meglio potrebbe essere compiuto uno sforzo economico, culturale ed organizzativo altrettanto impegnativo?
Articolo pubblicato sul del 9 Gennaio 2021