Penso che la delusione nei confronti del ritorno della didattica a distanza dei docenti dell’Istituto D’Arzo di Montecchio, espressa in una loro recente lettera, sia la stessa di molti docenti e rappresenti, come essi registrano, un fallimento degli sforzi di tutto il mondo della scuola di fronte all’emergenza sanitaria. Perché non avviene per insicurezza delle scuole, ma per problemi non risolti che riguardano i trasporti. Dalle dichiarazione di governo e media pare quasi che la scuola, andando a scuola o rimanendo davanti al computer siano equivalenti e intercambiabili, ma non è vero.
Per tanti motivi, uno su tutti: non è la scuola della Costituzione. I firmatari ricordano all’ufficio scolastico regionale e alla provincia che «bisognerebbe tener conto delle differenze territoriali, prima di prendere alcune decisioni». E con la DaD «viene preclusa totalmente l’inclusione degli studenti disabili», ci si trova «di fronte a una grande lesione del diritto all’istruzione degli studenti» perché «l’apprendimento passa dalla relazione e della condivisione» che mancano nella scuola senza andare a scuola. Vale la pena aggiungere, proprio perché si può parlare di salute e sicurezza anche quando si parla di minori, i risultati di una recente ricerca del Gonski Institute for Education dell’University of New South Wales, in Australia, sull’uso e i rischi per gli studenti della DaD. Un’esposizione di troppe ore al computer influisce negativamente sullo sviluppo emotivo e mentale dei ragazzi. Crea danni nella crescita e nello sviluppo. Aumenta la distrazione e diminuisce la concentrazione. Fa perdere contatto con la realtà. Aumenta i disturbi di apprendimento, l’ansia, l’ipertensione, il senso di inadeguatezza, la solitudine. Provoca insonnia, occhi rossi. Mal di schiena per la postura seduta prolungata di fronte al monitor. Stress, senso di oppressione. Calo della vista. Maggior irritabilità. Depressione. Insorgere di problemi emotivi e nel comportamento. Riduzione dell’empatia. Se nei prossimi anni aumenteranno tra gli studenti i già crescenti numeri di certificazioni neuro-psichiatriche, chi saranno i responsabili?
Articolo pubblicato sul del 5 Novembre 2020