L’attualità dell’idea di scuola rodariana è legata in particolare a due fattori: da un lato, Gianni Rodari incarna la pedagogia popolare del Novecento italiano e la scuola ben descritta nella nostra Costituzione; dall’altro, la scuola italiana, negli ultimi decenni, ha fatto passi all’indietro da gigante, riproponendo aspetti negativi già presenti al tempo di Rodari e che lui stesso combatteva.
NELL’ARTICOLO «Educazione e passione» pubblicato su Il Giornale dei genitori nel 1966 (che poi diresse dal 1968 fino al ’77, continuando a scriverci fino alla sua morte, ndr), interviene «come padre di famiglia», quasi contrapponendosi alla figura diffusa della maestra-mamma. La questione della cura e dell’educazione dei figli, oggi come allora, anche a sinistra, è vista da molti uomini come estensione della questione femminile. Rodari, in piena epoca di contestazione del padre da parte dei movimenti giovanili, fa invece della questione educativa una questione anche maschile, ponendola come etica, politica, sociale, vissuta come passione civile. Spiega che, per far crescere bene i figli, «non basta proteggerli» – e qui viene in mente la definizione scuola materna, legata alla figura «materna», essenzialmente di protezione, che a Reggio Emilia, non a caso, diventerà scuola dell’infanzia, su suggerimento del bolognese Bruno Ciari, – ma occorre trasmettere ai figli una passione vera: etica e civile. Come? Senza offrire loro «discorsetti», ma esperienze.
RODARI FA DUE ESEMPI. I tanti giovani che si sono recati a Firenze per aiutare gli alluvionati; e qui fornisce una definizione di passione: «Intendo per passione la capacità di resistenza e rivolta: l’intransigenza nel rifiuto del fariseismo, comunque mascherato, la volontà di azione e dedizione, il coraggio di ’sognare in grande’: la coscienza del dovere che abbiamo come uomini, di cambiare il mondo in meglio».
Il secondo esempio è lo sciopero delle Reggiane a Reggio Emilia. Rodari parla con ragazzi da 8 a 13 anni. Si chiede se è giusto gettarli in mezzo a un mondo più grande di loro. A distanza di anni, rivede un ex bambino e scopre quanto, per la sua formazione, sia stato decisivo «partecipare al forte movimento popolare di allora: quanto determinanti le emozioni allora provate».
PARLA DI UN’EDUCAZIONE che, per essere vera, cioè anche morale e civile, deve essere «educazione dei sentimenti»; perché i minori possano «misurare la loro energia su scala più vasta che non siano la scuola e la famiglia», per «concepire ideali e imparare ad amarli sopra ogni cosa».
Simbolo di questa educazione appassionata è la città comunista di Reggio Emilia: oltre al già citato sciopero delle Reggiane, Rodari è a Reggio per l’80/mo compleanno di papà Cervi – a cui dedica il suo primo poemetto civile letto in teatro ai ragazzi – e, nel 1972, per il laboratorio con docenti delle scuole dell’infanzia e della scuola primaria da cui nascerà La grammatica della fantasia, non a caso dedicata alla città reggiana.
ATTRAVERSO LA LETTERATURA per bambini e per ragazzi, allora considerata ancora più di oggi come «letteratura di serie B», Gianni Rodari riuscirà in un’impresa fallita da ogni letterato, intellettuale e artista italiano anche per adulti: ormai in pieno realismo dilagante, porterà con la sua opera letteraria la giocosità del Surrealismo e delle avanguardie storiche in Italia, prima ancora di poeti e degli scrittori del Gruppo 63 e dei Novissimi.
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SCHEDA. Civiltà e infanzia
«Gianni Rodari e il Giornale dei genitori: riflessioni per leggere il presente» è il simposio organizzato (domani, biblioteca Oblate a Firenze e anche in streaming) dal Centro regionale di servizi per le biblioteche per ragazzi toscane, comune di Campi Bisenzio, Regione Toscana, LiBeR, Comitato nazionale per le celebrazioni del centenario della nascita di Rodari.
(il Manifesto – 18 Novembre 2020)