Ma questa è una scuola o una casa ad ore?
Dunque, andiamo con ordine. Ricordo che nel 2008, al tempo del governo Berlusconi e del ministro all’Istruzione Gelmini, per risparmiare sulla scuola, lo stesso ministro propose di tornare nella primaria al maestro unico: un maestro unico per classe. Come accadeva in un lontano passato.
Per motivare tale scelta, molti docenti e pedagogisti, specialmente cattolici, – non solo, beninteso, – insistevano sulla necessità di offrire ai bambini, specie i più piccoli, una sola figura di riferimento. Per non confonderli. Per aiutarli. Perché era meglio così.
Anche per una questione psicologica, si diceva. Perché un bambino non poteva avere una girandola di due o tre docenti che ruotavano in una settimana o in una giornata su di lui, come nelle scuole a modulo o nel tempo pieno. Ricordate: due o tre docenti.
Pur essendo stato a mia volta docente unico, non sono mai stato a favore di quella proposta, che alla fine non passò.
Dal 2008 è passato tanto tempo. Non ho cambiato idea.
Ma propongo una riflessione sulla scuola a docenti, presidi, amministratori, genitori degli studenti, educatori, pedagogisti, semplici cittadini.
Nelle classi della scuola primaria, oggi, non c’è più un docente unico, ma ruotano circa…. No, non due o tre docenti, ma circa… una decina. Non scherzo.
C’è il docente di religione e di inglese. Ci sono due o tre docenti di sostegno per i bambini disabili, che però sono sempre docenti di classe. Ad essi, si aggiungono due o tre o quattro educatori che aiutano ciò che l’organico messo a disposizione dallo Stato non garantisce. Ci sono i maestri di classe, di italiano, di matematica… Quest’anno c’è anche il docente Covid… Poi gli esperti di canto o di ginnastica e tanti altri.
Insomma, nonostante la scuola primaria italiana nel 2008 fosse per qualità la quinta al mondo e la prima in Europa, – mentre c’erano diversi problemi nella scuola media, – è andata a finire che la scuola primaria italiana, oggi, assomigli sempre più alla scuola media (che ora si chiama secondaria di primo grado). Perché anche nella primaria si sono moltiplicati i docenti e gli educatori e gli esperti. Tanto che molti docenti chiamano la scuola di oggi, in modo polemico, non «scuola» ma «progettificio» perché non si fa più scuola, ma si fanno progetti.
Nella mia classe, per fare un esempio, oltre a me ci sono 8 figure adulte che girano sulla classe.
Altro aspetto: rispetto allo scorso anno, io sono l’unico docente rimasto dall’anno scorso, mentre tutte le altre figure adulte sono cambiate (tranne una educatrice).
Per carità, non rimpiango il docente unico alla primaria, né sono curioso di sapere cosa pensano i tanti docenti, pedagogisti e sindacati che nel 2008 erano a favore del docente unico, ma mi chiedo se non stiamo esagerando. Me lo chiedo seriamente.
La scuola in presenza è ripresa da quasi due mesi e i bambini di sei e sette anni non sanno ancora il nome dei loro docenti ed educatori. E’ una girandola continua. Come adulti, siamo sicuri che questa sia la cosa migliore che come adulti possiamo offrire ai nostri figli e ai nostri studenti?
Al contrario, se iscrivo mio figlio a una scuola privata, spesso so chi sono i suoi docenti e non mi cambiano ogni anno. E forse non sono dieci. Non è, anche questo, un modo per abbruttire e penalizzare la scuola pubblica e portare le famiglie degli studenti verso una scuola sempre meno gratuita e sempre più a pagamento, cioè la privata?
Ultima considerazione: per creare attenzione in una classe di 25/30 alunni di 6/7 anni ci vuole grande abilità e impegno e fatica da parte della docente, e tempo; e quando finalmente, dopo tanta fatica, ci si riesce e si inizia a spiegare la nuova lezione, spesso capita che entra in aula una nuova educatrice e il cosiddetto setting educativo cambia e l’attenzione dei bambini svanisce nel nulla come una bolla di sapone e bisogna ricominciare da capo o, comunque, si rischia di penalizzare i bambini che hanno l’attenzione più labile: che oggi sono la maggioranza in ogni classe.
Ho sempre pensato che la scuola sia la casa dei bambini e dei ragazzi: in nessun altro edificio della città c’è una prevalenza di minori rispetto agli adulti. Ultimamente, però, mi pare che la scuola si sia trasformata in una casa a ore. C’è sempre chi entra e chi esce: una sfilata di adulti davanti a bambini che appena ti vedono ti dicono: “Ah, ciao maestro, adesso ci sei tu? Chi c’è con noi?”
Non è il caso di riprendere a ragionare sulla pedagogia e la didattica e, i particolare, sulla psicologia dei bambini e l’organizzazione generale della scuola?
Articolo pubblicato sulla del 17 Ottobre 2020