Nei giorni del lockdown una pessima raffigurazione retorica dipingeva la società in emergenza pandemica suddividendola in due schiere che si descrivevano l’un l’altra come liberal con tendenze negazioniste, difensori dei diritti individuali di correre e portare a spasso il cane, contrapposti ai comunitari afferenti al partito Netflix-bene comune. Una descrizione caricaturale, non unica fra quelle che tagliavano il nodo della pandemia con coppie fasulle e lessicalmente deprecabili (pessimisti Vs ottimisti, aperturisti Vs clausuristi, cenobiti apocalittici Vs integrati filogovernativi), che lasciava fuori i milioni di lavoratrici e lavoratori che uscivano di casa per andare a lavorare – dal comparto logistico ai riders, fino ai distretti produttivi e agli uffici; e i milioni che a casa ci stavano non per sfondarsi di serie tv, ma per lavorare da remoto, in modalità smart.