Occorre prendere atto che la scuola on line accentua gli aspetti classisti di cui negli ultimi decenni si era ammorbata la nostra scuola pubblica, cioè ben prima che arrivasse l’epidemia. Non solo perché la scuola on line non arriva a tutti – si calcola siano più del 6 per cento del totale gli studenti isolati, esclusi. Ma anche perché, spesso e volentieri, tende a riproporre gli aspetti più regressivi, sorpassati e deleteri dell’educazione e della formazione: i compiti, l’interrogazione a tu per tu studente-professore, l’insegnamento frontale. Cioè quello che serve a salvare la forma e la burocrazia (i voti) di fronte alle famiglie degli utenti. Il famoso pezzo di carta.
E’ probabile che la didattica on line, nei suoi step di ricerca più avanzati, si coniughi con una didattica e una teoria pedagogica spettacolari. Purtroppo non accade così, oggi, in Italia. E non accadrà neppure se, disgraziatamente, anche il prossimo anno scolastico i docenti e gli studenti si troveranno costretti a continuare solo con la scuola a distanza. Forse si riuscirebbero solo a evitare le classi pollaio: dove le proteste di migliaia di famiglie e docenti non sono mai arrivate, riuscirà ad arrivare il virus.
Ma sarebbe importante se, come già chiesto da più parti nei mesi scorsi, il sistema di Scuole in Chiaro, dove compaiono anche i dati delle prove Invalsi ed il RAV, cambi. Insieme a tutto il sistema di valutazione. Perché non è un aiuto per le famiglie, ma la forma più perversa e deleteria di benchmarking.
Questo momento così particolare può far ripensare a tutta la gestione del Sistema Nazionale di Valutazione. O può, al contrario, grazie proprio alla cosiddetta didattica on line e a questa pedagogia di guerra, rendere il mondo della scuola un luogo dove, ancora di più, si accentueranno l’esclusione sociale, culturale e pedagogica. Con un ricatto molto semplice che, sottilmente, viene fatto a docenti, famiglie degli studenti, sindacati. Un ricatto molto semplice in tempi di crisi: «O così, o niente. Sempre meglio di niente».
non sono per niente d’accordo.. mi spiace per quel 6 per cento che però nel giro di un mese sono stati messi in teorica condizione di ricevere ausili informatici per mettersi a seguire. Tutte le famiglie hanno telefoni, anzi spesso quelle più povere sono anche quelle che non rinunciano a un ultimo modello, per desiderio di status symbol perchè vittime del consumismo, per ignoranza. Io noto che invece dopo le ovvie ifficoltà iniziali, il lavoro di comunicazione è diventato personalizzato, capillare, rispettoso delle difficoltà familiari e tecniche. Io non ho mai comunicato così tanto con i miei ragazzi, e anche non li ho mai potuti seguire così personalmente e da vicino. Ci dobbiamo fare i complimenti.. e pensare subito come evitare le classi pollaio e all’edilizia scolastica, perchè in effetti le scuole non sono adatte a stare in sicurezza e la vita dei genitori non è organizzata per essere aiutati dalla scuola in caso di doppi turni, possiblità di consumare un pasto a scuola dalle medie in su, di fare sport nell’orario scolastico, come avviene in altri paesi europei. E’ un posto da cui fuggire quando suona la campana non per le persone, ma per le struttre e l’organizzazione e le poche risorse investite. E le famiglie sono sole sono soli i ragazzi che non hanno i mezzi per fare altre attività pomeridiane, per non andare a lezioni private…è chiaro che in questa situazione e con un trattamento stipendiale che non tiene conto del merito, molti purtroppo hanno pensato a tirare a fare il minimo, bene ora non è possibile, in questa situazione i furbetti emergono e si devono tirar su le maniche. I controlli sono più semplici e possibili.
Ma molte sono anche l eccellenze, le buone pratiche le sperimentazioni che sono un segno di amore per le nuove generazioni e il concetto di scuola per TUTTI. IL resto sono polemiche sterili e anche un pò sorpassate. Buonasera