Mi raccontate con parole vostre cosa abbiamo fatto in questa settimana col cartone?
«Noi prima abbiamo progettato le maschere, poi tu le hai fatte con le forbici».
«Prima abbiamo colorato».
«No, dopo».
«Prima tu hai preso dei cartoni lunghi. Grandi. Per fare le maschere».
«Hai fatto i buchi con gli occhi con la punta delle forbici. E quello del naso».
«Anche le orecchie a trottola».
«Anche le forme strane. Io ho visto come facevi: piegavi prima il cartone in due. Poi facevi un occhio e veniva anche l’altro buco dell’occhio».
«Anche per fare le decorazioni col buco piegavi il foglio di cartone e dopo facevi un buco e saltavano fuori due buchi. O facevi un tagliato e saltavano fuori due tagliati».
«Sì, da una parte e dall’altra della faccia della maschera».
«Sì, perché erano sempre doppie».
«Però i buchi degli occhi dovevano essere al punto giusto degli occhi. Allora ci prendevi la misura del collo e della testa e degli occhi e del naso a tutti. Perché ogni maschera doveva essere giusta per noi. Doveva essere la nostra maschera».
«Perché doveva andare bene alla nostra testa e non abbiamo tutti la testa e gli occhi e il naso uguale».
«Dopo facevi la forma della maschera, rotonda o quadrata, a curva o con gli spigoli».
«La mia forma era come un eroe spaziale».
E dopo?
«Dopo ci hai dato il foglio con la maschera già bucata e noi la abbiamo colorata. Cioè, prima di colorarla abbiamo preso il righello e abbiamo fatto sopra delle righe nere. Dritte. Lunghe. Tantissime righe». «Perché dopo, dentro c’erano dei quadratini e delle striscione che si formavano, a forza di fare tante righe nere, e noi dopo dovevamo colorare tutte le righe, tutti i quadratini».
«Uno con un colore e un altro vicino con un colore diverso. Tutti i quadratini. Tutte le righe. Usando anche l’oro e l’argento dei colori indelebili. Altrimenti i pennarelli».
«È stato lunghissimo, per me, questo lavoro, perché io avevo fatto tantissime righe e c’erano tantissimi spazi da riempire nella mia maschera».
«Io ci ho messo tre giorni per colorare tutta la mia maschera».
«Più la coloravo e più mi sembrava che diventava bella ed ero emozionato e non vedevo l’ora di finirla e di indossarla».
«Io ho scaricato sei pennarelli, maestro, per colorare tutta la mia maschera».
«La mia maschera era grande anche sopra al naso. Aveva una forte altissima e allora ci ho messo più tempo».
«A me è piaciuto colorare vicino agli occhi perché ho messo dei colori più chiari. A me piacciono più i colori chiari di quelli scuri anche se i chiari si vedono meno».
Poi cosa abbiamo fatto?
«Quando uno finiva di colorare la sua maschera, l’ultimo giorno, veniva da te e tu prendevi le misure e dopo la attaccavi con la macchinetta delle graffette. La fissavi». (…)».
«La mia cadeva sempre, all’inizio».
«Non era ancora fissata!»
«Tu mettevi la graffetta dietro alla testa, dove la maschera si ricongiungeva».
«Era come un tubo colorato attorno alla testa ma non era un tubo perché era un cartone a forma di maschera».
«I miei buchi degli occhi erano un po’ in basso e allora tu, per farmi vedere meglio, li hai allargati con la punta delle forbici…».
Alla fine la vostra maschera vi piaceva? Cosa vi faceva venire in mente?
«Sì, mi è piaciuta molto perché sembrava una specie di uno spaziale del futuro».
«Era come una maschera di Arlecchino moderno».
«A me sembrava la maschera di un guerriero, la mia»
«Per me erano alieni colorati».
«A me veramente sembravamo tutti mostri, con le maschere».
«Anche a me sembravamo dei mostri, però non cattivi. Dei mostri divertenti».
«Per me avevano facce paurose…con le bocche paurose». (…)
«A me sono piaciute molto perché le abbiamo fatte noi. Non le abbiamo comprate già fatte. Allora è più bello quando te le metti».
E oggi cosa abbiamo fatto?
«Oggi, alla ricreazione, ci siamo rimessi le nostre maschere di cartone colorate e siamo andati a fare una sfilata in cortile».
«Abbiamo fatto le foto. Prima in piedi, poi sdraiati a stella, poi…»
«Abbiamo giocato ai mostri».
«Io non riconoscevo più le mie amiche, con le maschere in testa. Anche voi non mi riconoscevate?»
«Io ti riconoscevo solo dalla tuta e dalle scarpe».
«Per me è stata una sorpresa che dopo queste maschere le possiamo portare a casa e insomma, erano nostre».
(il Manifesto – 26 Marzo 2020)