Parteciperò anche io all’iniziativa La cultura non starà al suo posto. Punto. Sottotitolo: Reggio per Emilia 2020.Punto. Più l’ormai immancabile hashtag #un anno di cultura, spettacoli e bellezza per tutte e tutti. Punto. Così recita il manifesto che annuncia, sabato mattina alla Cavallerizza, il percorso di ascolto e progettazione per dare un futuro alla cultura della nostra città. Forse con qualche punto fermo di troppo? No, fa parte delle mode comunicative di oggi. Cinque i tavoli di scambio di idee: la parole della cultura, i luoghi della cultura, il marketing territoriale, la cultura e i quartieri, la cultura dei diritti.
Non ho nulla contro la partecipazione. Specie alla cultura. Ma certo non è una novità. Ci sono stati i tavoli prima dell’elezione della prima giunta Vecchi. Poi della seconda. E ancora prima un’iniziativa similare, “All’ascolto”, all’inizio della prima e della seconda giunta Delrio. Se fossero messe in pratica solo la metà delle idee raccolte in questi decenni, ne avremmo abbastanza per un secolo.
Il problema è un altro: metterne in pratica alcune. Perché prevede una scelta. Perciò coraggio, competenza, assunzione di responsabilità da parte degli amministratori, a partire da sindaco e assessore alla cultura. A meno che la raccolta di idee sia diversivo e prologo di una distribuzione a pioggia dei sempre pochi soldi a disposizione per non prendersi troppi rischi. Come avvenuto in passato col Bandone comunale; ricordo che ai tavoli pre-elettorali sulla cultura in vista della giunta Vecchi 2, si parlava di un suo superamento.Come, ancora non è chiaro.
A volte, anche in ampi gruppi, nascono ottime idee e sintesi spettacolari; altre volte in essi si nasconde la povertà di fondi e/o di idee, o la mancanza del coraggio delle scelte. Stiamo a vedere. Al momento, cioè al primo anno della seconda giunta Vecchi, istituzioni a parte, i fatti sono questi: le più importanti manifestazioni culturali reggiane sono Fotografia Europea e Reggionarra, già presenti all’inizio della prima giunta Delrio. Guardiamo se salta fuori qualcosa di nuovo.
Nel sottotitolo a questi Stati Generali si parla di “un anno di cultura, spettacoli e bellezza per tutte e per tutti”. Al di là del marketing, – che aiuta, ma non sostituisce mai le idee,- sembra ci si rifaccia vagamente a un’idea di cultura nazional popolare. Non a caso compare la parola “bellezza”, oggi così abusata da rischiare di perdere significato. Anche la vaga dicitura “cultura per tutte e per tutti” rimanda a un pensiero nel quale non pare esistano competenze specifiche legate a conoscenza e cultura: non è così. Ma ci sono abituato: anche quando si parla di “scuola”, pare che tutti abbiano le stesse competenze educative. Ma queste, forse, sono solo piccole inezie.
Credo che la scommessa del comune sia quella di coniugare ricerca, qualità ed eccellenze con successo di partecipazione alla costruzione e alla fruizione di eventi culturali. Non è roba da poco. Anzi. E’ un progetto iper ambizioso. Anche perché a scivolare dall’una o dall’altra parte è un attimo. Solo che, se si scivola dalla parte della ricerca, della qualità e delle eccellenze si crea socialità e cultura di valore che restano nel tempo. Se invece si scivola da quella della partecipazione per la partecipazione, della comunicazione per la comunicazione, si cade nel dimenticatoio e nell’insignificanza. Con la montagna della partecipazione che genera la classica cultura topolino. Buon lavoro a tutti.
Articolo pubblicato sulla del 7 Febbraio 2020