Continua la rapida fascistizzazione della scuola pubblica passando dalla scuola di classe al razzismo di Stato. A questo porta un’istituzione improntata sempre più all’ideologia meritocratica e neoliberista. Così all’Istituto Comprensivo di via Trionfale di Roma, alcuni giorni fa, va in scena, da una parte, la scuola dei figli ‘dell’alta borghesia’, e dall’altra quella dei figli di famiglie “estrazione sociale medio-bassa”.
Non è una novità. In due noti licei di Roma e di Milano, lo scorso anno, par lavano di “qualità” motivandola con la mancanza di non c’erano studenti “disabili, stranieri e poveri”, che rallentano e compromettono la preparazione scolastica.
Discriminazione vergognosa? Certo. Ma non per tutti, se in Italia, da anni, esistono quelle prove Invalsi rivolte a tutti gli studenti: per classificarli, giudicarli, frugare nella loro privacy. Prove che, tra l’altro, cestinando le prove di alunni e studenti disabili perché “rovinerebbero la media”, promuovono un vero e proprio razzismo di Stato.
Altro che scuola inclusiva! O problematiche socio-economiche da superare!
Qui si pensa soprattutto a evidenziarle e differenziarle, generando idee e comportamenti classisti.
E’ un salto all’indietro nella didattica e nella pedagogia di circa cento anni, di cui le famiglie degli alunni non sono informate né consapevoli, incantati dalle sirene dei voti e del merito.
Commuove, allora, la nuova ministra all’Istruzione Lucia Azzolina:”La scuola dovrebbe sempre operare per favorire l’inclusione. Descrivere e pubblicare la propria popolazione scolastica per censo non ha senso”.
Perché allora le prove Invalsi chiedono ai nostri studenti professione e titolo di studio dei genitori, cittadinanza, numero di libri in casa, – manca solo il numero del conto corrente? Per sport?
Perché ogni anno, all’open day, oggi, in Italia, scuole primarie e superiori, si mettono in mostra sul mercato dell’istruzione, di fronte alle famiglie degli studenti-clienti, facendo della loro severità, selettività, selezione scolastica, specie se classista, una qualità di merito? Nè più né meno che una scuola privata? E questo nonostante i dati confermino che la preparazione di chi esce dalla scuola pubblica è mediamente più alta di chi esce dalla scuola privata – questi dati, nelle redazione dei giornali, – sono secretati, senza che nessuno si chieda perché?
Perché d oltre vent’anni studenti e scuole sono state messe in competizione sul mercato come imprese, i presidi sono diventati come manager, le famiglie clienti, i figli prodotti?
E la competitività tra scuole, come quella sociale, permette ogni “mezzo” per raggiungere il “fine” del maggior numero di iscrizioni nella propria scuola, compreso il razzismo di Stato?
Risposta: “È l’autonomia scolastica, bellezza!” Già. Quell’autonomia sbandierata per primo dal ministro Berlinguer (centrosinistra) che ora ha aperto la strada alla aziendalizzazione e fascistizzazione selvaggia della scuola pubblica.
E adesso, non contenti di non essere ancora riusciti a distruggere completamente quel che resta di questa scuola pubblica, Lega e PD vorrebbero applicare lo stesso nefasto modello importato dai paesi anglosassoni per portare l’intera Italia ad avere una scuola di serie A e una di serie B. Sì, proprio come al comprensivo Trionfale di Roma.
Ma anche come negli Stati Uniti, Inghilterra e in tanti Paesi del mondo. A partire da sei anni.
Perché quello che nessuno dice alle famiglie, oggi, è che la scuola pubblica italiana è stata per anni e, per alcuni aspetti, è ancora – soprattutto la primaria e la secondaria di secondo grado, – una delle migliori del mondo, tra le scuole gratuite. Perché il disegno politico è ormai chiaro: far pagare la formazione dei figli alle famiglie, a seconda del loro ceto.
Con tanti saluti alla scuola della Costituzione che ormai, per tanti docenti e tante famiglie italiane, è più un ricordo che un orizzonte e una speranza.
Articolo pubblicato su del 20 Gennaio 2020