Siamo alle solite: la diffusione dei risultati dei test Ocse-Pisa dà l’occasione a tanti di parlare e straparlare di scuola. Nessun adulto perde l’occasione per tirare le orecchie ai ragazzi italiani. Perché? Perché non sanno distinguere tra fatti e opinioni quando leggono un testo di un argomento a loro non familiare. Ebbene sì, è proprio così, ce lo dice L’Ocse-Pisa: solo un quindicenne su venti, in Italia, riesce a farlo. E si grida, tutti, all’unisono, allo scandalo. E si inizia a piangere e, contemporaneamente, a sfottere i ragazzi. Niente da fare, ragazzi italiani, non ce la fate proprio. Siete proprio asini. Non migliorate proprio nella capacità di leggere e comprendere un testo. Siete una frana. Siete un’emergenza, che tra l’altro era già emersa anche nell’ultimo rapporto Invalsi sugli studenti di terza media. Anzi, invece di migliorare, peggiorate: avete fatto peggio anche rispetto alle rilevazioni di dieci anni fa o, addirittura, a quelle del 2000.
Calma, ragioniamo. Ammesso che tutto quello che si dice sia vero, tante cose in questo gridare periodicamente all’Asino non mi convince per niente.
Prima cosa: di fronte a questi dati che dovrebbero terrorizzare tutti, la politica e l’opinione pubblica per prime, non sentono l’esigenza di investire di più sulla scuola; come a dire, va bene così, non è una cosa seria.
Seconda cosa: ma se i ragazzi sono scarsi, la colpa, è loro o degli adulti? Della scuola? Delle famiglie? Qui, la colpa, è sempre ben indirizzata verso i ragazzi. Si tende proprio a colpevolizzarli.
Terza cosa: non si ricorda mai che l’O.c.s.e. che valuta i ragazzi è un ente economico e non una equipe di pedagogisti o esperti in didattica e formazione; non solo: non si dice che l’O.c.s.e- – a cui si rifà anche l’Invalsi, – si è dichiarata più volte contro le scuole pubbliche e a favore delle scuole private, cioè a pagamento, perché tra i suoi obiettivi ha proprio quello di investire e guadagnare attraverso l’istruzione e la formazione, ridotte a merce.
Quarta e ultima cosa, decisiva: in tutti i giornali italiani si grida allo scandalo “perché solo un ragazzo italiano su venti capirebbe qualcosa quando legge un testo”. Ma, attenzione, il vero scandalo è legato al fatto che la media europea, invece, è di 9 che non capiscono niente, non 19.
La domanda sorge spontanea: come, se 9 su 10 non capiscono un testo letto, non riescono ad identificare, per esempio, l’idea principale di un testo di media lunghezza, sarebbe normale? Sarebbe buono per i nostri ragazzi? Voglio dire: per un ente economico che in nome della meritocrazia conclamata di cui si riempie la bocca ogni anno – sarebbe meglio dire ideologia meritocratica – sarebbe normale che solo uno studente su dieci, o su venti, riesca a capire? E tutti gli altri?
Ecco, di tutti gli altri, di tutti quelli che non capiscono, pare che i giornali italiani e i politici e gli adulti non siano interessati. E neppure l’Europa, ammettiamolo. Almeno se si parla di Ocse.
Occorre allora chiedersi che scuola è diventata o sta diventando la nostra scuola pubblica. Se è ancora o non è la scuola di cui parla la nostra Costituzione. Perché si tratta di due scuole assolutamente diverse. Proprio nei fondamentali, nelle basi, nei principi costituenti.
La scuola meritocratica dice: diamo di più a chi si merita di più, senza specificare bene chi è che si merita di più e perché – ai test e all’O.c.s.e e all’Invalsi interessa solo sancire che c’è chi merita di più e chi merita di meno, cioè fare delle classifiche di merito. E’ certa solo una cosa: figli di stranieri e studenti disabili non sono certo tra i meritevoli, perché ai docenti si chiede che siano sottoposti anche loro ai test, ma poi non è neppure interessata a registrare i risultati conseguiti. Giuro. E alla fine, allora, questa meritocrazia assomiglia molto a una nuova forma di aristocrazia, ammettiamolo. Tu sì, tu no. Anche nella scuola.
La scuola della Repubblica invece, della nostra Repubblica, della nostra Costituzione, dice esattamente il contrario: “Non bisogna dare di più a chi si merita o credi di meritarsi di più, ma a chi ha meno e ne ha più bisogno”. Insomma, il contrario o quasi. Un altro paradigma.
Ecco, docenti e politici e mamme e papà d’Italia, voi per quali di queste due scuole contrapposte ed opposte fate il tifo?
Quale delle due vorreste veramente per i vostri studenti e i vostri figli?
Ve lo chiedo perché chi fa classifiche di merito sulla pelle dei vostri figli e studenti marchiandoli a fuoco come ignoranti, non lo fa a caso, non lo fa per passatempo, ma per sancire un’unica cosa: che i vostri studenti e i vostri figli non fanno parte dei meritevoli, ma degli immeritevoli.
A voi va bene così?
Sveglia!
Articolo pubblicato sulla del 6 Dicembre 2019