Come era la scuola al tempo dei Romani?
«Intanto non andava a scuola quasi nessuno. Cioè, le femmine non ci andavano perché erano considerate minori. Poi i maschi quasi tutti non ci andavano. Solo i bambini ricchi, ci andavano».
«Sì, perché solo le famiglie più ricche dei Romani antichi potevano permettersi le lezioni impartite dagli insegnanti e anche le scuole».
«Perché le scuole erano a pagamento, perciò i ricchi se le potevano pagare per i propri figli. Anche i professori erano a pagamento. Invece adesso non sono a pagamento. Poi ci possono andare anche le femmine a scuola».
«Per fortuna!»
«I poveri… I poveri però non devono pagare e neanche i ricchi».
«Però un’amica di mia mamma ha una figlia che lei va in una scuola a pagamento. Lei va in quella scuola perché sua madre dice che la scuola a pagamento è meglio della scuola non a pagamento».
«Allora anche io ho mia sorella che fa già le scuole medie e poi le superiori e lei va a lezione di matematica da una professoressa però lei deve pagare, per fare la lezione di matematica. Lei va a casa della professoressa e dopo la mamma deve dare i soldi alla professoressa. Ma la professoressa di matematica dove va è molto brava».
Torniamo a parlare della scuola degli antichi Romani, per piacere?
«Allora, loro andavano a scuola da sette a… Anzi, no, da dieci a diciassette anni».
«Ma solo i ricchi. I figli delle famiglie ricche e maschi, eh? Solo loro. Perciò erano tutte maschili, le classi».
«Loro avevano le materie un po’ come le nostre, ma meno. Loro imparavano solo a leggere, a scrivere e a fare le operazioni e i problemi di matematica».
«Poi avevano delle materie nuove, però. Delle materie che adesso a scuola noi non facciamo. Per esempio, c’era un maestro che gli insegnava a parlare bene in pubblico, a non avere paura».
«Perché se loro volevano fare il politico o l’avvocato dovevano diventare bravissimi».
«Loro però non imparavano l’italiano, nell’ora di italiano, cioè nell’ora di lingua, ma il latino, perché la loro lingua non era l’italiano ma il latino, perché a quel tempo l’Italia non esisteva ancora».
«Chi doveva fare l’avvocato o anche il giudice doveva imparare a memoria anche le leggi».
«Loro si esercitavano nella lettura dei testi latini e greci. Perché i Romani, poi, hanno imparato molte cose dai Greci, soprattutto le cose più belle come le statue classiche».
«Le bambine però non andavano a scuola!»
«Le bambine non andavano a scuola ma imparavano a occuparsi della casa. A pulire. A fare da mangiare. A far crescere i figli».
«Solo alcune bambine, alcune ragazze delle famiglie ricchissime, imparavano un po’ a leggere e a scrivere e a suonare e disegnare».
Come facevano a scrivere? Dove scrivevano?
«Gli scolari scrivevano incidendo tavolette di cera con un legnetto».
«Con un bastoncino di legno chiamato stilus. Infatti da lì viene anche la parola penna stilografica».
«Per studiare leggevano testi scritti a mano su fogli arrotolati intorno a un bastone».
«Come dei manoscritti».
«Erano tutti manoscritti!»
«Questi fogli si chiamavano rotoli perché erano fogli arrotolati a questo bastone. Erano dei fogli lunghissimi».
«Poi c’era il codice che era poi il nostro libro di oggi. O una specie di libro».
«Il codice era formato da fogli cuciti insieme».
«Il testo era scritto a mano su due colonne, come sui nostri giornali. Però solo due colonne».
«Poi c’era anche l’abaco per fare matematica che era una cosa che usavano anche i nostri nonni e bisnonni quando andavano a scuola e d era un…. Era un oggetto per fare i calcoli».
«Sì. Era una cosa con delle palline colorate di legno che avevano diversi colori e tu, per cantare, dovevi spostarle su un filo e così contavi. Oppure potevi fare le operazione anche con le dita delle mani come facciamo noi adesso, anche se lo facevamo soprattutto in prima e seconda».
(il Manifesto – 29 Agosto 2019)