Cosa ricordate dell’incontro con Bruno Tognolini?
«È stato bello. Noi lo abbiamo incontrato in biblioteca. Aveva la barba bianca e anche i capelli bianchi. Era piccolo, basso. Era simpatico. Poi le sue filastrocche erano bellissime».
«Ci ha raccontato che a lui piace scrivere delle filastrocche, che poi sono le poesie con le rime. Tante rime. Le poesie per bambini».
«A me è piaciuto quando ci ha letto le sue poesie e si divertiva, mentre le recitava. Poi ho notato che lui le sapeva quasi tutte a memoria».
«All’inizio io pensavo che iniziava subito a leggerci uno dei suoi libri, invece ci ha fatto ascoltare una canzone che c’era sul suo computer. Perché un suo amico e una sua amica l’hanno cantata e ci hanno messo la musica, alla sua filastrocca. Perché…. Perché quella non era proprio una canzone e basta. Prima era una filastrocca. La Filastrocca del Coraggio. Una delle filastrocche di un suo libro tutti di filastrocche, perché lui ne ha scritti tanti».
Avete capito cosa c’entrava la canzone con le filastrocche? Bruno ha parlato di ritmo…
«Sì. Perché il testo, cioè le parole della canzone, che poi erano la filastrocca, le ha inventate Bruno».
«C’entrano perché ce lo ha spiegato anche lui che nelle filastrocche c’è il ritmo che suona come nelle canzoni. Solo che è un ritmo che non fai con la musica ma con le lettere».
«Per me lui ha spiegato questa cosa quando ha parlato del bambino piccolo, perché tutti siamo stati dei bambini piccoli. E quando si sveglia, di notte, perché lui ogni tre o quattro ore si sveglia, il bambino piccolo cosa sente? Solo il battito del cuore di sua mamma. Allora quel battito è un ritmo e allora è per quello che a noi anche da bambini ci piacciono molto le filastrocche».
«Però un ritmo non ha le parole, invece nelle filastrocche ci sono delle parole che fanno il ritmo».
«Perché ci sono dei ritmi nelle lettere. Degli accenti delle parole. E poi ci sono anche le rime che fanno un po’ come un suono. Come un ricordo».
«Per me le rime fanno un po’ come una eco che dopo tu fai ancora rima e ci viene come una specie di musica anche senza musica, ci viene fuori il ritmo delle parole anche se tu non suoni nessuno strumento musicale».
«A me la Filastrocca del Coraggio è piaciuta molto soprattutto alla fine, quando Bruno un po’ la cantava e un po’ la recitava e noi battevamo il ritmo con le mani».
«Per me tutte le sue poesie sono belle».
«Io mi ricordo quando ci ha detto che lui le sue filastrocche, all’inizio, per lui, erano come delle formule magiche. E poi quando ha detto che per fare delle formule magiche ci vogliono molte lettere U perché fanno un suono più magico».
«A me è piaciuta la poesia per far passare il mal di pancia. A me però piaceva di più quella per far passare il mal di testa».
«Anche quella per far passare il mal di orecchie era bellissima».
«Sì, erano divertenti perché erano piano, erano sottovoce, ma erano anche molto scatenate».
«A me faceva un po’ piangere e un po’ ridere mentre le diceva».
«Però non erano vere formule magiche… Bruno ha spiegato che se le dici non è che ti passa il male alla pancia, se tu reciti quella per far passare il male alla pancia».
«Si chiamava mal di pancia calabrone».
«Lui ha detto che non funziona molto bene, come formula magica. Però ti serve un po’ per non pensare al mal di pancia sempre e insomma, per me, un po’, ti aiuta a farti passare il mal di pancia, a starci meno male se hai male».
«A me è piaciuto molto quando ha fatto vedere quel video dove c’era lui da giovane che con i suoi amici, quelli della compagnia di teatro, avevano deciso di fare una banda musicale. Una banda pazza. E lui suonava il tamburino. Erano divertenti».
«Perché anche adesso poi suona il suo tamburino come quando era giovane, perché anche le filastrocche… Sì, ha detto che mentre tu dici le filastrocche è come se suono un tamburino invisibile».
E quando vi ha fatto sentire la sua collezione?
«Bellissimo! Perché io non pensavo che lui faceva la collezione di filastrocche di tutte le regioni d’Italia e i paesi d’Italia».
«A me è piaciuta la filastrocca della bambina del Veneto, di Venezia».
«A me quella della bambina siciliana».
«Io delle filastrocche le sapevo ma non in dialetto emiliano, o gliele dicevo».
«Per me le filastrocche che dicevano i bambini erano più pazze delle sue».
(il Manifesto – 18 Aprile 2019)