E così pare che le telecamere entreranno negli asili, poi magari nelle scuole. Ma c’è chi dice no. Fortunatamente.
Il pedagogista Daniele Novara che boccia senza mezzi termini la legge appena approvata sull’uso delle telecamere nei nidi. Perché “installare una telecamera significa non fidarsi del personale che ci lavora”. E ancora: “Una cattiva scuola resta tale anche con le telecamere. Occorre battersi per una scuola migliore con insegnati preparati piuttosto che aspettare al varco i loro eventuali sbagli. Io mio nipote di certo non lo mando in un nido con la telecamera. I maltrattamenti purtroppo capitano in tutto il mondo, ma noi siamo gli unici a pensare di risolverli con le telecamere: o siamo i più furbi o siamo i più cretini”.
Ma in quest’Italia di oggi, conformista e razzista, varranno più le considerazioni di un pedagogista, di uno scienziato dell’educazione, oppure quelle della maggioranza dei genitori spaventati quotidianamente?
Dubito. Quale è il messaggio che viene dato con questa militarizzazione della scuola? Che neppure la scuola è più un luogo sicuro per i nostri studenti e i nostri figli. Proprio le telecamere, che regaleranno alle famiglie degli studenti la certezza della sicurezza, daranno ai minori la paura continua di non potersi mai fidare fino in fondo degli adulti: con gravi danni al loro sviluppo armonioso e naturale.
Con le telecamere a scuola si sancisce definitamente di non essere più capaci, come adulti, di educare: senza la fiducia nell’altro, infatti, non solo è impossibile educare bene, ma neppure imparare.