Test Invalsi di quest’anno per le classi quinte della scuola primaria: si legge che Antonio e Cleopatra furono sconfitti nella battaglia di Anzio. Errore. In realtà la battaglia è quella di Azio. L’Invalsi si scusa: un errore di battitura, comunque ininfluente, perché “non incide in alcun modo sulla possibilità di rispondere correttamente, non essendo oggetto del quesito”. Sono le comiche del Miur e dell’Invalsi.. Come si fa a credere alla serietà di una valutazione quando chi deve valutare è inclassificabile? Fino ad ora, l’Invalsi, oltre a farci ridere, dopo aver indagato malamente lo status socio-economico-culturale dello studente, è arrivato, – come del resto Michele Serra, recentemente, – alla più ovvia delle conclusioni: uno studente con un background socio-economico-culturale più alto ha migliori probabilità di successo scolastico. Da quest’anno si è spinta più in là: nei test è entrata prepotentemente la psicologia da quattro soldi. Possibile che leggendo dove un alunno ha messo le sue crocette possano arrivare a sapere di più della sua psicologia? Più di un insegnante che sta con lui per cinque anni ogni giorno? La curiosità cresce: di fronte alla domanda posta a un bambino o a una bambina di 11 anni “sei un maschio o una femmina?” come valuta, il signor Invalsi, la risposta… “sbagliata”? Ancora: bambini e ragazzi, spesso e volentieri, dicono bugie. E’ così da secoli. Dunque, di fronte al bambini che si inventa che in casa sua ci sono più di cento libri – quando non ce ne è neppure uno – o che i suoi genitori hanno un tal titolo di studio – quando non è vero – l’Invalsi come si comporta? Ne tiene conto? Come? Quanto? Per fortuna bambini e ragazzi sono più intelligenti, creativi e divertenti di chi ha preparato per loro questi test. Ma quale è, poi, alla fine, l’ideologia/il messaggio che come adulti trasmettiamo ai minori, con queste robe qui? A proposito, non posso fare altro che raccontare un aneddoto. Di fronte a un alunno di seconda classe che aveva completato in fretta le innumerevoli domande del test, lo scorso anni, chiesi: “E’ stato difficile?” Lui: “No, maestro. Facilissimo. Non c’è da scrivere niente, ma solo da mettere delle crocette. Come quando gioco al Superenalotto con mia mamma. Spero di essere fortunato”.