Cosa abbiamo fatto oggi?
«Abbiamo fatto un esercizio bellissimo sul riassunto e sui telefonini!».
«Anche a me è piaciuto perché vorrei fare anche io dei messaggini così. Certe volte li faccio sul telefonino di mio papà».
«Anche io, con What’sApp».
«Io invece il cellulare ce l’ho già. Però lo posso usare solo due ore al giorno. Quando vuole mia mamma».
«A me lo regalano alla comunione».
«Anche a me».
«Anche a me».
«Secondo me il maestro è stato furbo perché poi era un esercizio sul riassunto, non sui telefonini».
«Era una scheda sia sul riassunto che sui telefonini. Perché quando devi scrivere un sms, poi, devi scrivere poco, come in un riassunto. Invece quando fai una telefonata, cioè quando devi parlare a voce, puoi parlare di più perché a parlare fai meno fatica».
Dunque, l’esercizio era proprio così: dovevate ridurre delle telefonate «a voce» in messaggini da sms, messaggini scritti sul telefonino. Come ve la siete cavata, secondo voi?
«Io un po’ male. Perché non capivo bene di cosa parlassero quelle persone al telefono. Cosa si stavano dicendo. Allora quando dovevo scrivere gli sms non sapevo cosa scrivere».
«Alcuni esercizi erano facili, le trasformazioni delle telefonate erano facili. Invece alcune erano più difficili».
«Per me l’esercizio più facile è stato quando bisognava fare il contrario, cioè trasformare quel sms in una telefonata più lunga. Era più lungo da scrivere, è vero. Però era più facile da fare».
«Anche per me. I riassunti sono più corti da scrivere ma sono più difficili. Invece i testi liberi sono più lunghi ma sono più facili da scrivere».
«Anche io quando faccio i testi liberi mi sento più a mio agio, più libero. Anche perché credo che si chiamano testi liberi proprio per questo».
«A me invece piacciono di più i riassunti perché puoi scrivere anche pochissimo e puoi prendere un buon voto. Perché non è importante quanto scrivi ma quello che scrivi. Invece nei testi liberi, nei temi… Sì, insomma, delle volte mi sembra che prende i voti più alti solo chi fa i testi più lunghi».
«Io delle volte leggo gli sms di mia mamma. Quelli che scrive lei alle sue amiche. Ma solo se lei mi dà il permesso».
«Per me questo compito era molto bello e anche molto divertente e anche utile perché poi noi, adesso, se dobbiamo scrivere un sms, possiamo scriverlo meglio».
«Io non ho ancora un cellulare ma tra un mese o due mio papà ha detto che lo compera anche a me. Però non posso portarlo a scuola».
«Nessuno può portarlo a scuola».
«Io sul mio telefonino scrivo sempre di sms e perciò per me questo compito è stato molto facile. Solo che qui a scuola, sul foglio del compito, qui non potevo fare le faccione, invece le faccine io le metto, sul mio cellulare».
«Anche io».
«Non si chiamano faccine, si chiamano Emotion. Me lo ha detto mia sorella».
«Io preferisco fare le telefonate invece che i messaggini perché faccio meno fatica. Poi mio fratello ha un modo sul telefono per mandare la sua voce invece di scrivere quello che deve dire, come se fosse una telefonata, una registrazione. Così fa ancora meno fatica. Non scrive neppure».
«Come una telefonata».
«Sì, su What’s App. E’ vero. Anche mia mamma fa così. Scrive poco e parla molto. Con le registrazioni».
«Mia mamma invece scrive e basta».
«Anche i miei genitori».
«Però lei, mia mamma, ma anche mia sorella, loro non sanno fare molto bene i riassunti, per me, perché stanno sempre a scrivere o a parlare al telefono. Anche tre o due ore al giorno, eh? Sempre. Anche a tavola mentre mangiamo. Allora mio padre si arrabbia».
«E’ molto bello scrivere e parlare sul telefonino. Anche io ne vorrei avere uno. Solo che i miei genitori dicono che sono ancora troppo piccola. Allora io ho pensato che anche i miei amici e le mie amiche di scuola, i miei compagni e le mie compagne, allora sono troppo piccole anche loro, perché abbiamo la stessa età. Loro però ce lo hanno, il telefonino. Io invece no. E allora secondo me è un’ingiustizia. Perché secondo me ci vorrebbe una legge: o io lo posso avere, oppure no. Ma se uno lo può avere, allora lo potrebbero avere anche gli altri. Lo dovrei avere anche io. Altrimenti è un’ingiustizia».
(il Manifesto – 15 Marzo 2018)