Questo dipinto rappresenta la battaglia di Qadesh, in cui gli Egizi, guidati dal faraone Ramses secondo, combatterono contro gli Ittiti, un popolo dell’Anatolia. Ditemi, guardandolo, tutto quello che vi viene in mente.
«Intanto l’Anatolia, dove erano gli Ittiti, adesso non si chiama più Anatolia perché l’Anatolia non c’è più, quel posto si chiama Turchia e la Turchia si sente dire anche adesso, anche alla TV io ho sentito la Turchia».
«Il faraone era il re degli Egizi che loro chiamavano faraone. Ma doveva essere un uomo».
«Qadesh era una città, mi pare».
«I due eserciti fecero tante battaglie».
«Alla fine hanno fatto il patto di pace».
«Secondo me loro disegnavano molto bene infatti si capisce benissimo che era una battaglia».
«I loro colori erano molto belli. Erano bravi a colorare le figure».
«Erano bravi anche a fare i contorni delle figure, gli Egiziani. Insomma, sapevano disegnare molto bene. Infatti hanno inventato anche l’alfabeto e il loro alfabeto era molto disegnato. Sì, con molti disegni bellissimi invece delle solite lettere».
«Si chiamavano geroglifici, le lettere egiziane, le scritture».
Quali sono i particolari del dipinto che vi colpiscono di più?
«A me piace moltissimo il guerriero a cavallo con l’arco. Perché lui è molto bravo a stare in equilibrio sul carretto tirato dal cavallo. Poi il cavallo è bellissimo. E’ disegnato benissimo. Sta saltando con le due gambe davanti che non toccano terra. Sta saltando e tirando il carretto».
«Si chiamavano bighe, non carretti».
«No, le bighe erano dei Romani, non degli Egiziani».
«Poi gli Egiziani trattavano molto bene anche i cavalli. Si vede bene, da questo dipinto. Perché sopra alla schiena del cavallo c’è come un panno tutto ricamato. Un panno molto decorato, molto prezioso».
«Gli Egiziani erano molto precisi nei disegni. Gli Egiziani erano molto geometrici nei disegni».
«Gli uomini che ci sono sotto le ruote del carretto sembra che portano una calzamaglia a righe».
«Ma no, quelle erano le mummie».
«No, non sono mummie. Sono i nemici che sono morti. Infatti sono disegnati più piccoli».
«Gli egiziani indossavano un gonnellino bianco. Una specie di minigonna. Sia i maschi sia le femmine».
«Avevano la pelle nera perché poi l’Egitto era già in Africa anche prima e in Africa la pelle della gente non è proprio bianchissima, né quella dei maschi né quella delle femmine e dei bambini. Anche gli Egiziani di adesso hanno la pelle marroncina come nel disegno. Perché non è proprio nera nera come gli africani veri. Perché l’Egitto è all’inizio dell’Africa, è più vicino all’Italia».
«Poi a destra, nel dipinto, ci sono degli schiavi, mi sembra. Io credo che loro stanno costruendo una piramide. Però la punta della piramide ancora non si vede perché la piramide ancora non c’è, non hanno ancora finito di costruirla perché ci vuole molto tempo, per costruire una piramide, ci volevano anche degli anni».
«Poi erano in molti a costruirla. Non c’erano le gru e si doveva costruire tutto a mano».
«Le piramidi erano le tombe dei re, dei faraoni e delle loro famiglie. Appena uno diventava faraone faceva subito costruire la piramide anche se era giovanissimo perché se non iniziavi subito magari diventava vecchio e moriva e la piramide ancora non era stata costruita e non sapevi più dove seppellire il faraone. Anche perché in Egitto non esistono i cimiteri. Perché se le piramidi erano già delle tombe, dopo nel cimitero che tombe facevano? Cosa servivano, allora, i cimiteri? Cosa ci mettevano dentro? Niente!».
«Io ho visto che nel dipinto, più piccoli, perché sono più lontani ci sono anche dei cavalli neri. Io ne ho visti due. Anche loro tirano le bighe».
«In alto, nel dipinto, ci sono dee disegnini più piccoli che sembrano dei disegnini ma non sono veramente dei disegni, sono il loro alfabeto, sono delle parole che hanno scritto vicino alle figure degli uomini e dei cavalli e della battaglia. Perché agli Egiziani piaceva molto fare dei disegni e scriverci qualcosa vicino, come nei libri che hanno sia i disegni sia le parole per raccontare la storia».
«I cavalli sono disegnati benissimo. Io non riuscirei a disegnare un cavallo così. E’ bellissimo. Anche la coda. Sembra vera».
(il Manifesto – 22 Marzo 2018)