Oggi parliamo insieme della questione dei falsi regali perché non se ne può più, bambini. È già la quarta volta che accade dall’inizio dell’anno. Nonostante io avessi detto di smetterla fin dalla prima volta. Quante volte lo devo ripetere, ancora? L’ho già detto anche ai vostri genitori. Cosa devo fare?
«Perché io non sapevo che…». «Mi ricordo anche io che lo avevi detto». «Perché se li facciamo, dopo, va a sempre finire così, che c’è qualcuno che ci resta male e poi si bisticcia». «È vero, maestro, l’avevi già detto!». «Anche mia mamma ha detto che non posso portare a scuola i miei giochi!».
Dunque, ripetiamo una volta per tutte cosa e successo e quali erano le regole.
«È successo che ancora una volta, una bambina che non vogliono dire il suo nome ma tutti sappiamo chi è…». «Però non sono stata sempre io. Solo questa volta sono stata io!». «A ogni modo, ci sono dei bambini che prendono da casa dei loro giochi, li portano a scuola, li regalano a un loro amico o a una loro amica di scuola, fanno passare un po’ di tempo e poi dicono che non gliela hanno più regalata, quella cosa…». «Non è proprio così. Perché io il portachiavi glielo avevo regalato, a E. Solo che è stata mia mamma. E’ stata mia mamma, quando sono tornata a casa, a dirmi che lo dovevo riprendere indietro, il portachiavi, che non potevo regalarlo». «Ma aveva ragione, perché era suo». «Non era suo, me lo aveva regalato a me. Perciò adesso era mio. E io potevo regalarlo a chi volevo». «Comunque, il risultato finale è che E. ha pianto perché adesso tu ti sei ripresa indietro il regalo». «Ma non è colpa mia, io non volevo». «Ma non si può, il maestro e la maestra avevano detto che non si poteva fare dei regali a scuola. Non si potevano portare da casa dei giochi o delle altre cose e regalarle ai propri amici».
Veramente io e la maestra avevamo detto che non si potevano proprio portare a scuola. Mi spiegate perché? Ne abbiamo parlato mille volte.
«Perché dopo se lo regali e poi lo prendi indietro, il gioco, quello o quella a cui lo avevi regalato prima ci resta male». «Perché i giochi, poi, non sono proprio nostri. Sono dei nostri genitori che ce li hanno regalati». «Perché a scuola non si gioca, durante le lezioni. E se uno porta un orsacchiotto per giocarci solo alla ricreazione o nell’interscuola e lo mette nel suo zaino, dopo, magari, mentre c’è la lezione lo vede e gli viene voglia di giocare con il suo orsacchiotto durante la lezione e insomma, non si fa». «Non si può fare perché dopo non sei attento. Perché dopo ti distrai. Non capisci più le spiegazioni. Dai fastidio ai tuoi compagni e alle tue compagne e anche al maestro e alla maestra. Insomma, fai arrabbiare tutti». «Poi non è vero che sua mamma ha detto che doveva portare il portachiavi a casa, maestro. E’ perché è lei che lo rivuole indietro. Perché ha bisticciato con E.». «Non è vero. E’ stata mia mamma a dirmelo». «Allora glielo chiediamo, a tua mamma. Adesso il maestro glielo chiede, ti sta bene». «Sì, mi sta bene. Io non ho paura».
Però altre volte, non dico quest’ultima volta, le mamme non c’entravano niente. Erano proprio le persone che avevano regalato i loro giochi che le volevano indietro. Mi spiegate perché alcuni di voi hanno fatto così? Perché portano dei giochi a scuola? Perché li regalano? Perché dopo li rivogliono indietro?
«Perché forse cambiano idea». «Perché si bisticciano e dopo… Si bisticciano. Allora li rivogliono indietro, i regali». «Ma loro, per me, lo fanno per darsi delle arie». «Se portano un gioco da casa, si sentono importanti perché dopo tutti vogliono vedere il gioco. Tutti vanno attorno al loro banco a vedere. Sono invidiosi». «Per me regalano il gioco perché dopo, così, glielo possono riprendere e far stare male i loro amici. Lo fanno apposta. Perché sono cattivi. Perché sono crudeli». «Anche per me fanno apposta, altrimenti non glielo regalavano neppure». «Per me forse gli hanno fatto un regalo, al loro amico, poi hanno sentito la mancanza del loro gioco e allora lo hanno chiesto di nuovo indietro, lo hanno voluto di nuovo per loro, perché a non averlo ci stavano troppo male, ma non sono cattivi».
(il manifesto – 07.09.2017)