Installazione/performance di Giuseppe Caliceti
Cavriago, 2 Settembre 2017
Ascoltatemi, compagni: in questo momento della storia l’uomo è stato buttato via dal centro, è scivolato verso la periferia e al centro, almeno in questo momento, c’è il potere, c’è il denaro. In questo mondo i giovani sono cacciati via. Sono cacciati via i bambini – non vogliamo bambini, solo famiglie piccole – e sono cacciati via gli anziani: tanti di loro muoiono per una eutanasia nascosta perché non si ha cura di loro. E adesso sono cacciati via anche i giovani: in Italia ad esempio la disoccupazione dai 25 anni in giù è quasi del 50 per cento. Siamo entrati in una cultura dello scarto quello che non serve a questa globalizzazione si scarta: gli anziani, bambini e giovani.
Compagne, compagni, abbiamo l’abitudine di fuggire dai bisognosi, o di non avvicinarci, o di truccare un po’ la realtà dei bisognosi con le abitudini alla moda, e così ci allontaniamo da questa realtà. Invece non c’è più alcuna distanza tra me e il povero quando lo incrocio. Quando incontri un povero qual è la tua reazione? Giri lo sguardo, e passi oltre? Oppure ti fermi a parlare e ti interessi del suo stato?”
Ehi, compagno, dove vai? Dove stai andando?
Compagne, compagni, è in corso a Terza Guerra Mondiale. Ci sono sistemi economici che per sopravvivere devono fare la guerra. Quanta sofferenza! Quanta distruzione! Quanto dolore! Oggi, compagni, si leva da tutte le parti della terra, in tutti popoli, in ogni cuore e nei movimenti popolari, il grido di pace:”Mai più la guerra!”
Le ‘pensioni d’oro’ sono un’offesa al lavoro non meno grave delle pensioni troppo povere, perché fanno sì che le diseguaglianze del tempo del lavoro diventino perenni. E’ una società stolta e miope, quella che costringe gli anziani a lavorare troppo a lungo e obbliga una intera generazione di giovani a non lavorare quando dovrebbero farlo per loro e per tutti. Questo è un peccato grave.
Ehi, dico a te! Ehi, compagna, dove vai? Dove stai andando?
Il capitalismo del nostro tempo non comprende il valore del sindacato, perché ha dimenticato la natura sociale dell’economia, dell’impresa, della vita, dei legami e dei patti. Ma forse la nostra società non capisce il sindacato perché non lo vede abbastanza lottare nei luoghi dei ‘diritti del non ancora’: nelle periferie esistenziali. Nelle nostre società capitalistiche avanzate il sindacato rischia di smarrire questa sua natura profetica, e diventare troppo simile alle istituzioni e ai poteri che invece dovrebbe criticare. Il sindacato col passare del tempo ha finito per somigliare troppo alla politica, o meglio, ai partiti politici, al loro linguaggio, al loro stile. E invece, se manca questa tipica e diversa dimensione, anche l’azione dentro le imprese perde forza ed efficacia.
Ehi, compagna? Sì, parlo a te. Sono Lenin. Ascoltami.
Anche io ho sbagliato e sbaglio, compagni. Si dice che l’uomo è l’unico animale che cade due volte nello stesso posto. Gli sbagli nella mia vita sono stati così, grandi maestri di vita. Io non direi che ho imparato da tutti i miei sbagli: da alcuni no, sono testardo. Ma da tanti altri sbagli ho imparato e questo mi ha fatto bene. Ho fatto molti sbagli con l’autoritarismo, compagni. Poi ho imparato che bisogna dialogare, vedere che cosa pensano gli altri. Ma non ho imparato una volta per tutte… ancora sbaglio».
Compagni, compagne, pensate che qui in Italia da 25 anni in giù quasi il 40 per cento è senza lavoro, cosa fa un giovane senza lavoro? Si ammala, deve andare dallo psichiatra, cada nelle dipendenze, si suicida… Le statistiche dei suicidi giovanili non sono pubblicate! Il lavoro non è un dono gentilmente concesso a pochi raccomandati: è un diritto per tutti! Ogni lavoratore ha il diritto di vederla tutelata, e in particolare i giovani devono poter coltivare la fiducia che i loro sforzi, il loro entusiasmo, l’investimento delle loro energie e delle loro risorse non saranno inutili. Quanti giovani oggi sono vittime della disoccupazione! E quando non c’è lavoro, rischia la dignità, perché la mancanza di lavoro non solo non ti permette di portare il pane a casa, ma non ti fa sentire degno di guadagnarti la vita. Oggi sono vittime di questo. Quanti di loro hanno ormai smesso di cercare lavoro, rassegnati a continui rifiuti o all’indifferenza di una società che premia i soliti privilegiati, benché siano corrotti, e impedisce a chi merita di affermarsi. Il premio sembra andare a quelli che sono sicuri in se stessi benché questa sicurezza sia stata sviluppata nella corruzione.
Ehi compagno, dove vai? Dove stai andando?
Questa economia uccide. Oggi i mercati contano più delle persone, è un’economia malata. C’è bisogno di etica nell’economia, compagni. E c’ è bisogno di etica anche nella politica. Bisogna mettere al centro il bene comune. Non possiamo più aspettare a risolvere le cause strutturali della povertà, per guarire le nostre società da una malattia che può solo portare verso nuove crisi. I mercati e la speculazione finanziaria non possono godere di un’ autonomia assoluta. Senza una soluzione ai problemi dei poveri non risolveremo i problemi del mondo. Servono programmi, meccanismi e processi orientati a una migliore distribuzione delle risorse, alla creazione di lavoro, alla promozione integrale di chi è escluso.
Compagne, compagni, il sistema economico sfrutta la natura per sostenere il ritmo frenetico di consumo. E da qui derivano effetti distruttivi come il cambiamento climatico e la deforestazione. Il binomio ecologia-pace chiama in causa questioni che devono riguardare tutti, non si possono lasciare solo nelle mani dei politici!
E’ normale che il Mediterraneo sia diventato un cimitero? L’Italia è generosa, ma tanti Paese alzano muri contro questa gente sfruttata e piagata nei propri Paesi. Se non è normale, dobbiamo mobilitare le nostre risorse per cambiare. Se non è normale, coinvolgiti.
Sì, parlo a te, compagna. Fermati. Ascolta. E’ Lenin che ti parla, che ti sta parlando.
Compagno, la mancanza di lavoro è molto più del venire meno di una sorgente di reddito per poter vivere. Lavorando noi diventiamo “più” persone, la nostra umanità fiorisce. I giovani diventano adulti solo lavorando». «Il lavoro è amico dell’uomo e l’uomo è amico del lavoro. Gli uomini e le donne si nutrono con il lavoro, con il lavoro sono unti di dignità». Per questo «attorno al lavoro si unisce l’intero patto sociale». Quando non si lavora «la democrazia entra in crisi».La scelta è fra il sopravvivere e il vivere.
La meritocrazia è un’ingiustizia. La competitività mina il tessuto di fiducia che è l’anima di ogni organizzazione. Bisogna dire con forza no a questa cultura competitiva tra i lavoratori dentro l’impresa: è un errore e quindi va cambiata. La meritocrazia sta diventando una legittimazione etica della diseguaglianza, perché interpreta i talenti delle persone non come un dono, ma come un merito, determinando un sistema di vantaggi e svantaggi cumulativi. In questa cultura il povero è considerato un demeritevole e quindi un colpevole.
Ehi compagno, dove vai? Dove stai andando?
(fine / ricomincia da capo per 4 giorni)