Lo Ius Culturae, in Italia, c’è già. Anzi, c’è proprio lo Ius Soli. Da oltre vent’anni. Dove? Nella scuola pubblica italiana. Probabilmente anche in quella privata. Non solo. C’è anche il diritto di voto. Quando il docente chiede ai suoi studenti di prendere una decisione collettiva, il voto di un alunno o uno studente che ha i genitori nati non in Italia, vale esattamente come il voto di un alunno o uno studente figlio di genitori che è nato in Italia. Per questo, quando vedo che i giornali di centrodestra strumentalizzano il tema dei migranti, quando scrivono che firmando contro lo Ius Soli si fermano gli stupri o altre stupidate del genere, oppure quando alcuni partiti e politici di centrosinistra fanno retromarcia sullo ius Culturae, mi viene da ridere. Perché in Italia lo Ius Cultura c’è già da decenni. Senza bisogno di nessun referendum. Senza bisogno dell’approvazione di nessuna legge. Perché da decenni i docenti italiani trattano i loro studenti, nati da genitori italiani o no, nello stesso modo. Con gli stessi doveri, ma anche gli stessi diritti. Fanno qualcosa fuorilegge? Non credo proprio. Perché rispettano ciò che c’è scritto sulla Costituzione italiana. Perché mettono in pratica l’articolo 3. E non solo. Per questo io e tanti docenti italiani come me, oggi, sfidiamo chi si oppone all’approvazione della legge sullo Ius Soli, per coerenza con le loro idee, a vietare a bambini e ragazzi che hanno genitori non nati in Italia, a non farli entrare nelle nostre scuole, a vietarglielo, a discriminarli, a trattarli diversamente dai bambini e dai ragazzi che hanno genitori nati in Italia. Esattamente come facevano i fascisti e i nazisti con gli ebrei: vietando loro di frequentare le nostre scuole. Altrimenti, smettano con le loro polemiche e lascino che, al termine del loro percorso di studi, chi nasce in Italia, anche da genitori non nati in Italia, sia considerato a tutti gli effetti cittadino italiano. Esattamente come è trattato da decenni nella nostra scuola.
(Gazzetta di Reggio – 20 / 9 /2017)