Dizionario affettivo della lingua italiana
a cura di Matteo B.Bianchi con la collaborazione di Giorgio Vasta
Fandango, 2008
GIOIASOFIA
Questo gioco della parola affettiva mi fa venire in mente quando io e mia moglie ci interrogavamo sul nome da dare a nostra figlia. E’ chiaro che verso una figlia o un figlio, i genitori nutrono un affetto smisurato. Almeno, noi lo nutrivamo. E quel nome lì – voglio dire, il nome con cui scegli di chiamare tua figlia – non è un nome come tutti gli altri. Già prima che nascesse. Già prima di sapere che nome sarebbe stato. A ogni modo, abbiamo iniziato a interrogarci sui nomi. E’ così per tutti. Scegliere un nome per una figlia non è come scegliere il titolo per un libro, la parola giusta dentro il verso di una poesia o l’insegna per un’azienda. Però, ecco, ci tengo già a dire questa cosa qui: un nome non è una parola a caso. Mi sono accorto di questa cosa qui mentre adesso stavo scrivendo: una parola affettiva, almeno per me, è un nome. E’ una parola che collego a una cosa, a una persona, a un animale. E’ la parola con cui chiamo quella parola e grazie a cui quella parola mi risponde. A ogni modo, riprendiamo con il nome di mia figlia. io e mia moglie siamo insegnanti elementari. Questo ha costituito un problema. Ce ne siamo accorti subito. Appena pensavamo a un nome per nostra figlia, lo associavamo a bambini che in questi decenni avevamo avuto in classe e avevano quel suo stesso nome che noi avevamo pensato. Abbiamo continuato a cercare. A fare ipotesi. E la cosa bella nel fare ipotesi era legata al fatto che, almeno all’inizio, non sapevamo se nostro figlio era un figlio o una figlia. Non ne sapevamo il sesso, insomma. Doppi binari di nomi, quindi. Poi un solo binario. Nomi femminili. Dunque, dunque, a un certo punto il tempo passava e dovevamo comunque decidere qualcosa. Allora io me ne sono uscito con una frase di questo genere: deve essere un nome corto e deve contenere tante vocali. Perché? Non lo so. Certo, ammetto di aver detto una frase del genere a mia moglie. Qualche giorno dopo mi ha proposto la parola Gioia. Poi la parola Sofia. Ci piacevano tutte e due. Io preferivo Gioia, se ricordo bene. Mia moglie Sofia, se ricordo bene. A ogni modo, alla fine è saltato fuori Gioia Sofia. Tutto attaccato. E’ saltato fuori il giorno della sua nascita, quando sono andato all’ufficio anagrafe. Una signorina mi ha detto che da qualche anno non si potevano più mettere virgole tra un nome e l’altro. Mi ha spiegato che se mettevamo due nomi, tipo Gioia e Sofia, in mezzo non ci poteva stare la virgola. Ha spiegato che, se da grande avesse voluto fare degli assegni, avrebbe dovuto mettere entrambi i nomi. Ho telefonato a mia moglie per confrontarmi sul che fare. E abbiamo scritto Gioia Sofia. Confesso che all’inizio il nome mi sembrava troppo lungo e troppo pieno di vocali, eppure è il nome giusto. Non riesco a immaginare un nome diverso per lei.
(Giuseppe Caliceti, p.89-90)